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Colesterolo cattivo e pressione alta: i mirtilli una chiave per combatterli

23 Febbraio 2019 - di Claudia Montanari

ROMA – Colesterolo cattivo alto e pressione alta sono spesso strettamente collegati in quanto il deposito di grassi nelle arterie, causato appunto dal colesterolo alto, riduce il lume vascolare e quindi aumenta la pressione sanguigna. I medici sono concordi nell’affermare che, oltre all’uso di farmaci, una dieta mirata ed equilibrata può aiutare a tenere a bada questi due fattori di rischio che possono portare a conseguenze di salute anche gravi. A tal proposito, un recente studio ha dimostrato che mangiare mirtilli può essere la chiave per un miglioramento della funzione dei vasi sanguigni e per una diminuzione della pressione.

È in chi ne ha assunto 200 grammi per un mese che uno studio ha osservato questi benefici, per lo più attribuibili al ‘blu’ di questi frutti dato dagli antociani, un tipo di fitochimico con proprietà antiossidanti responsabile appunto del blu, rosso, rosa e viola di alcuni frutti e verdure come bacche e uva rossa. La ricerca, del King’s College London e pubblicata su The Journals of Gerontology: Series A, ha preso in esame 40 volontari. 

A loro sono stati dati una bevanda contenente 200 grammi di mirtilli o una di controllo abbinata ogni giorno. In un ulteriore studio, sono stati confrontati gli effetti di una bevanda di mirtillo con una a base di antociani purificati. In chi aveva bevuto la bevanda di mirtilli stati riscontrati effetti positivi sulla funzione dei vasi sanguigni e nel corso del mese, la pressione è risultata ridotta di 5 millimetri di mercurio un effetto simile a quello che si osserva comunemente negli studi che usano farmaci per la pressione. In più, oltre ai benefici di quelle di mirtilli anche le bevande contenenti antocianine purificate hanno portato a miglioramenti a livello della parete dei vasi sanguigni. 

“Se i cambiamenti osservati nella funzione dei vasi sanguigni dopo aver mangiato mirtilli ogni giorno potessero essere sostenuti per la vita – conclude Ana Rodriguez-Mateos, ricercatrice capo – potrebbero ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari fino al 20%”.