Sovrappeso-pigra, magra-attiva: come ci influenzano le prime impressioni sul fisico

Sovrappeso-pigra, magra-attiva: come ci influenzano le prime impressioni sul fisico

6 Novembre 2018 - di Silvia_Di_Pasquale

ROMA – Sovrappeso è pigra, magra è attiva. Vi è mai capitato di giudicare il carattere di una persona per il suo aspetto fisico? Se la risposta è affermativa, potete avere un’idea di quanto l’immagine della persona che abbiamo davanti influenzi la nostra percezione.

Sembra infatti che una corporatura più pesante venga associata a tratti maggiormente negativi, come l’essere pigri e incuranti, mentre una più leggera ad aspetti positivi come l’essere sicuri di sé ed entusiasti. Questo è quello che emerge da una ricerca dell’Università del Texas, pubblicata su Psychological Science.

La tendenza a dedurre i tratti della personalità dalla forma del corpo è presumibilmente universale, ma è allo stesso tempo vero che le conclusioni che le persone fanno variano in base alla loro cultura, etnia e persino all’età. E così, se in latino america un fisico femminile molto formoso è segno di grande sensualità, altrove, magari in Oriente, potrebbe essere il contrario.

Gli studiosi hanno creato 140 modelli corporei realistici, 70 donne e 70 uomini, e a 76 studenti universitari è stato chiesto di osservarli, da due diverse angolazioni. Dai risultati è emerso che nello specifico la forma cosiddetta ‘a pera’ classica del corpo femminile, che si allarga leggermente in corrispondenza dei fianchi, e quella maschile con la caratteristica delle spalle larghe è collegata a tratti “attivi”, come l’essere litigiosi, estroversi e irritabili, mentre una forma più ‘rotondeggiante’ (per le donne ‘a mela’) è messa in correlazione con caratteristiche che gli esperti definiscono ‘passive’, come l’essere affidabili, timidi e affettuosi.

“Per quella che è la nostra conoscenza, questo è il primo studio a considerare il ruolo degli aspetti più ‘sfumati’ della forma corporea – oltre l’altezza e il peso – nei giudizi sulla personalità delle persone”, evidenzia Alice O’Toole, coautrice della ricerca.

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