Violenza sessuale credibile anche dopo anni: sentenza della Corte di Perugia

Violenza sessuale credibile anche dopo anni: sentenza della Corte di Perugia

6 Settembre 2023 - di Silvia_Di_Pasquale

“L’attendibilità della persona offesa dal delitto di violenza sessuale non è compromessa dal decorso di tanti anni dal momento in cui erano iniziate le condotte illecite al momento della denuncia dei fatti”. Questa la decisione della Corte d’appello di Perugia nelle motivazioni con le quali ha confermato la condanna nei confronti di un uomo, accusato del reato nei confronti della nipote della compagna. La giovane aveva presentato denuncia dopo sei anni dai fatti attribuiti all’uomo. La vittima non lo aveva fatto fino a quando l’uomo non ha tentato di fare lo stesso con la sorella minore. A quel punto ha deciso di intervenire.

Una notizia che rappresenta un punto a favore di quante, pur essendo vittime di violenza, non denunciano subito il reato. Attualmente il Codice rosso prevede che attualmente le vittime maggiorenni abbiano 12 mesi per denunciare gli abusi (precedentemente erano 6 mesi). Se la vittima è minorenne non ci sono limiti di tempo e si può procedere d’ufficio. La sentenza arriva in un momento storico in cui il tema della violenza sessuale è al centro delle cronache nazionali dopo lo stupro di Palermo e quello di Caivano.

La sentenza è riportata nel notiziario penale della Corte d’appello. “Nel caso di specie, la Corte d’appello confermava la sentenza di condanna dell’imputato del delitto di violenza sessuale, commesso a danno della nipote della sua compagna, la quale aveva denunciato i fatti soltanto sei anni dopo l’inizio delle violenze. La Corte riteneva che il decorso di tale termine non fosse indicativo dell’insussistenza delle condotte contestate, asseritamente frutto dell’immaginazione della persona offesa, quanto piuttosto della volontà della ragazza di non sconvolgere gli equilibri familiari; desiderio che era stato poi superato dal timore che l’imputato potesse commettere le stesse condotte nei confronti della sorella minore della vittima e che l’aveva condotta alla divulgazione dei fatti”.