Scambio di embrioni, parla la donna: "Capire l'altra coppia? Non posso"

Scambio di embrioni, parla la donna: “Capire l’altra coppia? Non posso”

5 Maggio 2014 - di Claudia Montanari

ROMA – “Almeno una volta al giorno pensiamo: perché proprio a noi?” La “coppia di Pertini”, a cui sono stati impiantanti per errore gli embrioni di un’altra coppia, racconta in una intervista al Corriere della Sera la traumatica esperienza subita.

I fatti sono ormai noti: all’ospedale Sandro Pertini di Roma una donna sottoposta ad un trattamento di fecondazione assistita ha scoperto di aspettare due gemelli dotati di un patrimonio genetico totalmente estraneo al suo e a quello di suo marito. A seguito degli accertamenti, è emerso che, un errore dovuto a cognomi molto simili, aveva in effetti fatto impiantare gli embrioni di una coppia nell’utero di una donna di un’altra coppia.

La giovane coppia, che per privacy non vuole svelare i propri nomi ma che nell’intervista vengono poeticamente chiamati “Paolo e Francesca”, si racconta al Corriere della Sera.

 

Chi o che cosa vi sta aiutando?
Francesca: «Il nostro amore. È la forza che muove tutto. Sento la vicinanza di mio marito e questo mi dà determinazione».
Paolo: «Devo ringraziare mio padre. Ha passato un momento molto difficile ma mi è stato ugualmente molto vicino».

Cosa spinge alle sofferenze e ai costi, non solo emotivi, di una Fivet? In altri termini, cosa porta alla procreazione assistita?
Paolo: «Abbiamo fatto la tecnica più moderna, l’Icsi, e non era il primo tentativo, ci sono stati diversi altri tentativi…».
Francesca: «Vede, a volte i figli arrivano senza essere desiderati. Chi si sottopone a un percorso così pieno di prove e ostacoli è mosso dal triplo dell’amore».

Avevate pensato mai all’adozione?
Paolo: «Certo. Ma le norme italiane sembrano fatte apposta contro il desiderio di genitorialità di una coppia».

Perché la villocentesi?
Francesca: «Si fa, dopo i 35 anni: è una cautela, è diagnostica prenatale».

Cosa ricordate di quel giorno?
Francesca: «L’avevamo fatta al Sant’Anna. Mi chiamò il primario. Risento le parole. A livello verbale mi dava tutte belle notizie: i bambini stavano bene, maschietto e femminuccia… ma il tono non mi convinceva. Finché m’ha detto: signora, il suo patrimonio genetico non è compatibile».
Paolo: «Io ero nell’altra stanza. Sentivo mia moglie che prima gioiva e poi ha avuto un mancamento. Ho fatto il test anch’io. Confermato: non compatibile».
Francesca: «Ricordo l’estraniamento. Ero disorientata. Il giorno più felice della mia vita devastato. Dentro hai qualcosa che sta crescendo ma non ti corrisponde. Da lì abbiamo dovuto decidere se portare avanti o no la gravidanza».
Paolo: «Per modo di dire».

In che senso?
Paolo: «Nel senso che ci abbiamo pensato, ci ho pensato, un giorno e basta. Mi capisca, da uomo: io ero nella situazione che non li avevo neanche dentro, i bambini».

Cioè, era estraneo…
Paolo: «Sì. Poi però ho pensato: chi sono per decidere della vita e della morte? Io non sono particolarmente credente, ma sono antiabortista. Poi c’è una differenza tra padre e funzione paterna. Io a mio padre non assomiglio affatto, ma lui ha svolto un’eccellente funzione paterna, per dire».

Farete causa al Pertini?
Paolo: «Decideremo con Michele Ambrosini, bravissimo avvocato e amico di famiglia».

Come vi spiegate un errore così assurdo?
Paolo: «Parlare di errore umano offende l’intelligenza. Il ministro Lorenzin ha dichiarato: “La Regione Lazio è l’unica che non aveva proceduto con l’accreditamento dei centri, con un ritardo di ben dieci anni”. Questa è malasanità, imperizia».

Siete decisi a tenere i bambini con voi?
Paolo: «Certo che sì».
Francesca: «Non sottovaluti una gravidanza gemellare: è complicata. Loro crescono in noi. E anche biologicamente stanno cambiando, adesso, dentro di me».

Vi mettete mai nei panni dell’altra coppia?
Francesca: «Condivido con loro il dolore per la perdita degli embrioni. Anche noi abbiamo perso i nostri».
Paolo: «Non sono nemici, li rispetto molto. E hanno tenuto un atteggiamento molto pacato. Ma, nei loro panni, col cuore a pezzi, lascerei perdere. Hanno perso una fase fondamentale, la maternità. Mia moglie non è un animale da riproduzione. C’è chi dice che un giudice potrebbe decidere che la mamma è mia moglie e il padre è l’altro? Vorrei vederlo in faccia un giudice così».
Francesca: «Io non mi ci posso mettere, nei panni dell’altra. Io porto dentro i bambini».

I gemelli potrebbero avere quattro genitori?
Paolo: «Mi pare una sciocchezza».

E avete mai pensato che ciascuna coppia potrebbe tenere un bambino?
Francesca abbassa la testa, distoglie lo sguardo: «Sì. Ma è un pensiero paradossale rispetto a una situazione paradossale».
Paolo: «Come fantasia folle. Ma se domani leggo sul suo giornale che vogliamo dare via uno dei bambini, mi sento pugnalato alla schiena. Il punto è: sarebbe giusto dividere i bambini per soddisfare un egoismo degli adulti? Non credo».

Vorreste arrivare a un accordo tra avvocati?
«Quale però? Loro rinunciano ai bambini? Noi glieli diamo alla nascita?».

Temete una battaglia legale?
Francesca: «Sì, assolutamente».
Paolo: «Chiunque vincesse, sarebbe sconfitto. Io dico: facciamo nascere questi bambini e poi lasciamo che prevalga il buonsenso».

Per adesso quale sentimento prevale?
Francesca: «La speranza».
Paolo: «La rabbia. C’è tanta gioia, certo, ma per il momento sono arrabbiato. Vedo davanti a me un futuro che non merito: io non ho fatto niente di male»”