Monte di pietà

Crisi: in coda al Monte dei Pegni per pagare le tasse

14 Giugno 2012 - di Claudia Montanari

ROMA – Negli anni ’60, in pieno boom economico, gli italiani impegnavano gioielli e pellicce prevalentemente per andare in vacanza e usufruire dei beni di consumo esplosi in quel periodo. Oggi, le testimonianze raccolte a piazza Monte della Pietà, sede storica di Roma del Monte dei Pegni, dimostrano che la crisi ha cambiato abitudini ed i beni vengono spesso impegnati per fare fronte alle spese quotidiane, a partire dalle bollette e dalle tasse.

Massimo Satta, direttore Unicredit di Monte della Pietà a Roma, dichiara: “La struttura è depotenziata, potremmo fare di meglio, diciamo che potremmo assorbire altro personale”. Come dire, il lavoro non manca. “Un giorno ho dovuto chiudere in anticipo perché c’era troppa gente – continua Satta – ma non è un fatto di crisi, questo è sempre stato un mondo a sè stante”.

Secondo il direttore del Monte dei Pegni è difficile tracciare un profilo della clientela. “Se anche il ricco imprenditore non è più ricco noi non lo sappiamo, per noi non è verificabile se i nuovi poveri siano in aumento”. In sostanza, non si vuole avallare la tesi che sia la crisi a far aumentare i carichi di lavoro. Ma il flusso di gente comunque è costante e continuo. “Solo in quest’agenzia – spiega – si aprono circa centocinquanta polizze in una giornata, ma durante il periodo estivo o natalizio registriamo un aumento e il numero arriva anche a raddoppiare”. L’attività del vecchio palazzo, insiste Satta, non ha subito un particolare incremento con l’intensificarsi della crisi economica. “Una credenza diffusa – dice – che non corrisponde alla verità, anche perché chi è veramente in difficoltà non ha più oro da impegnare”.

Al Monte dei pegni si possono impegnare oro, argento e diamanti. Il metallo giallo, quotato giornalmente in borsa, è spesso considerato un bene di rifugio. Il prezzo di vendita dell’oro si aggira attorno ai quaranta euro al grammo e allo sportello della Unicredit gli estimatori lo valutano un quarto del valore rispetto a quello di mercato. Il finanziamento minimo è di sessanta euro e non c’è valutazione massima.

“Con le dovute autorizzazioni possiamo arrivare a rilasciare qualsiasi cifra”, sottolinea Satta. “Con le leggi antiriciclaggio il problema è ciò che la persona farà con quel contante e, anche se la normativa non lo impone, è buon senso del tecnico informarsi sulla provenienza”. Il contratto normalmente ha una durata di tre mesi e può essere rinnovato fino ad un massimo di tre anni, ma l’oggetto può essere riscattato anche il giorno successivo. La banca trattiene il 10,4% di interesse annuo, troppo alto secondo alcuni. “Sono strozzini – si sfoga una signora venuta a farsi valutare un orologio a carica d’oro – considerano solo il peso e non il valore. Mi volevano dare 13,50 euro al grammo. E’ poco, anzi niente. Quand’è così te lo tieni. Gli interessi sono altissimi, forse è meglio andare dal gioielliere ma bisogna vedere, perché pure quelli? Non sai mai bene a chi ti affidi”.

Se entro trenta giorni dalla scadenza la polizza non viene estinta o rinnovata, il bene finisce all’asta. Alla vendita la banca recupera il credito e la differenza, al netto delle commissioni bancarie, spetta a chi ha impegnato i preziosi. La percentuale delle persone che non riscattano la polizza, dicono dal Monte dei Pegni, si aggira attorno al 7-8%. Non molti, come gli oggetti che alle aste pubbliche restano invenduti perché tanto ci sono sempre “i soliti noti”. A partecipare infatti, pare ci siano pochi privati e molti operatori del settore.

Un mercato che non conosce crisi. Sulla piazza si affacciano infatti diversi negozi ‘Compro Oro’. Un fenomeno che ha registrato un aumento negli ultimi anni “perché è un’attività nuova – afferma Satta – che ha avuto un periodo di boom, ma sembra che adesso si stia un po’ sgonfiando. Anche perché, chi doveva legiferare al riguardo si è reso conto che la situazione andava tenuta più sotto controllo e quindi adesso sono stati inseriti dei paletti e reso più complessa la loro attività”.

Sullo stesso marciapiede dei negozi regolari però, si possono incontrare anche persone che intercettano chi è venuto a vendere i propri preziosi. Propongono l’acquisto e offrono di più rispetto alla banca o al negozio. “E’ dal 1539 che a Roma girano queste persone”, chiosa Satta “fanno dei compro oro abusivi ma non costringono nessuno. Se vediamo delle persone che presentano sempre oggetti qui da noi, di cui sospettiamo la provenienza, anche se non siamo obbligati ad entrare nel merito, li consideriamo come indesiderabili”.

Qui al Monte dei Pegni, nel cuore di Roma, si incontra quella parte di città che non ce la fa ad arrivare a fine mese. Una realtà quotidiana fatta di giovani madri e signore anziane che da sole non riescono a sostenere le spese. Sotto il portone di Piazza della Pietà ogni giorno passano centinaia di persone, centinaia di storie che rispecchiano i cambiamenti sociali e culturali che stiamo vivendo.

“Quando sono arrivato al Monte – racconta Satta – mi è capitato di incappare in una signora che stava lasciando in pegno le sue fedi nuziali. Ero quasi commosso, così la collega dello sportello mi ha chiesto di avvicinarmi e a quel punto la signora mi ha spiegato che degli anelli dell’ex marito voleva solo disfarsene”. Una donna sui cinquanta, pantalone e giubbetto jeans, con commozione racconta di aver portato l’oro di famiglia per far fronte a delle spese impreviste, “ma dal gioielliere non ci vado, a costo di fare sacrifici metto i soldi da parte e me li vengo a riprendere”. E’ difficile tracciare un identikit delle persone che passano dagli sportelli del Monte dei Pegni, ma il denominatore comune è sempre lo stesso, i soldi che non bastano. Un problema di molti, forse oggi più di ieri.

 

Fonte: Adnkronos

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