Francia, studentesse rifiutano di togliere l'abaya a scuola e tornano a casa

Francia, studentesse rifiutano di togliere l’abaya a scuola e tornano a casa

5 Settembre 2023 - di Silvia_Di_Pasquale

Dopo il divieto di indossare l’abaya a scuola, in vigore in Francia per il nuovo anno scolastico, 67 ragazze hanno rifiutato di togliere la veste non religiosa, ma “raccomandata” dai fondamentalisti islamici, che copre tutto il corpo. “Dalla materna fino alla maturità – ha detto il presidente Emmanuel Macron – la scuola è laica e non c’è posto per i segni religiosi”.

“Poco meno di 300, credo 298 ragazze, ieri indossavano l’abaya nelle loro scuole”, ha reso noto il ministro francese all’Istruzione Gabriel Attal ai microfoni dell’emittente Bfmtv. “La stragrande maggioranza” di queste – ha aggiunto – ha rispettato il divieto, ma “67 non hanno accettato” di toglierli la tunica e, quindi, “sono tornate a casa“. Sono state soprattutto ragazze più adulte, alunne della scuola secondaria: “Nei prossimi giorni – ha affermato – dovranno tornare perché devono andare a scuola e allora vedremo se hanno o meno rispettato la regola, altrimenti continueremo a dialogare con loro”, ha proseguito Attal chiarendo che il valore della laicità nelle scuole pubbliche “non è una costrizione”.

Il ricorso contro il divieto

L’associazione per i diritti dei musulmani (Adm) ha fatto ricorso contro la decisione di vietare l’abaya a scuola e sarà il Consiglio di Stato a esprimersi, secondo una procedura accelerata prevista dalla giustizia amministrativa d’Oltralpe per provvedimenti di questo tipo. L’Adm francese ha presentato ricorso contro il provvedimento introdotto in tempi record dal governo, solo quattro giorni prima della ripresa scolastica, chiedendone la sospensione. I ricorrenti ritengono infatti che il divieto “violi i diritti dei minori, in quanto si rivolge principalmente ai bambini musulmani, creando un rischio d’identificazione etnica a scuola”. Nel giorno della riapertura delle aule scolastiche in tutto il Paese, gli attivisti dell’Adm hanno anche deferito la questione al difensore dei diritti umani, la mediatrice Claire Hedon, chiedendole di “intervenire nel procedimento” davanti al Consiglio di Stato o, in caso contrario, di “prendere posizione sul divieto”. (Fonte Ansa e Agi).

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