Caffè a stomaco vuoto: fa bene o male?

Chi è affetto da Parkinson ha meno caffeina nella saliva

23 Luglio 2021 - di Claudia Montanari

I pazienti affetti da Parkinson presentano nella loro saliva un livello di caffeina inferiore rispetto alle persone sane. E misurarla potrebbe essere un metodo rapido e non invasivo per monitorare la progressione della malattia. A indicarlo sono i risultati di uno studio italiano pubblicato su Scientific Reports, rivista del Gruppo Nature.

Parkinson e caffeina, lo studio nel dettaglio

È noto che l’assunzione di caffeina riduca il rischio di sviluppare il Parkinson, ma il legame tra i due riserve ancora sorprese. Nella ricerca sono stati studiati 86 pazienti che si trovavano a diversi stadi della patologia. I pazienti sono stati messi a confronto con un gruppo di controllo costituto da 83 soggetti sani della stessa fascia di età. I ricercatori hanno valutato il livello di assorbimento della caffeina nei partecipanti allo studio, il relativo metabolismo e infine la quantità di caffeina presente nella saliva.

I risultati hanno dimostrato che l’assorbimento della caffeina era simile nei pazienti e nei soggetti di controllo. Al contrario, il livello di caffeina nella saliva era inferiore nei pazienti con malattia di Parkinson in fase moderata o avanzata rispetto al gruppo di controllo.

Giorgio Leodori, dell’Ircss Neuromed di Pozzilli (IS) e Università Sapienza di Roma, primo autore dello studio, spiega: “Non sappiamo ancora con chiarezza quali possano essere le cause della differente concentrazione di caffeina. Ulteriori studi saranno necessari per chiarire questo aspetto. Ciò che però emerge è che la misurazione della caffeina nella saliva può costituire un valido strumento per definire con maggiore precisione lo stadio a cui si trova la malattia e seguire la sua progressione. E’ un potenziale ‘biomarker’, utile per i clinici che seguono i pazienti”.

I risultati suggeriscono inoltre che la caffeina potrebbe svolgere un ruolo nella progressione della malattia. “Approfondire i meccanismi di questo legame – conclude – potrebbe portare a nuove conoscenze sulla genesi e sul suo sviluppo”.

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