La solitudine dei pazienti che soffrono di emicrania, troppo spesso banalizzata

La solitudine dei pazienti che soffrono di emicrania, troppo spesso banalizzata

28 Novembre 2023 - di Silvia_Di_Pasquale

La solitudine dei pazienti che soffrono di emicrania, troppo spesso banalizzata. Chi ne è affetto è colpito da una forma ricorrente di mal di testa, che può diventare invalidante. Si presenta come un dolore pulsante concentrato in uno o più punti della testa, a cui possono accompagnarsi frequentemente nausea, vomito, disturbi visivi, sensibilità alla luce, ai suoni, agli odori. In Italia ne soffrono 8 milioni di persone, in maniera episodica oppure ricorrente. In forma cronica può presentarsi per più di 15 giorni al mese. L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha descritta come la seconda causa di disabilità nel mondo.

Eppure, spesso quando si esterna il problema, nella popolazione viene banalizzato, anche sul posto di lavoro. Questo il quadro emerso da un’indagine qualitativa condotta dall’Istituto Piepoli per Pfizer. La ricerca ha cercato di comprendere quali siano le difficoltà che vivono le persone che soffrono di emicrania e la consapevolezza sulla patologia.

“Il primo elemento emerso è il grande livello di sofferenza, spesso sottovalutata, che deve affrontare chi soffre di emicrania”, dice Livio Gigliuto, presidente esecutivo dell’Istituto Piepoli. “Un paziente ci ha detto: ‘È come se ci togliessero frammenti di vita’. Per chi soffre di emicrania, infatti, per alcune ore – ma talvolta per molto più tempo – è impossibile fare qualunque cosa: lavorare, relazionarsi con gli altri”. “Tanti pazienti dicono che il grande problema che vivono è la sottovalutazione di questa patologia”, spiega Gigliuto.

“Lamentano di essere trattati come se stessero inventando una sofferenza. Non è affatto così”. I malati vorrebbero anche un maggiore riconoscimento sociale della malattia. “Chiedono alle istituzioni di dare vita a una grade campagna di sensibilizzazione che permetta alle persone che soffrono di emicrania di essere socialmente considerata e poter superare questo stigma sociale che è un’aggiunta al tanto dolore che già provano per la patologia da cui sono affetti”, conclude Gigliuto. (FONTE ANSA).

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