Endometriosi, colpita un'italiana su 10. Ma solo poche lo sanno

Endometriosi, colpita un’italiana su 10. Ma solo poche lo sanno

16 Marzo 2014 - di Mari

ROMA – Una donna italiana su dieci in età riproduttiva è affetta da endometriosi. Anche se se ne parla pochissimo, quasi nessuna sa di che cosa si tratta e non è riconosciuta dalla legge, e quindi quando una donna si ammala ed è costretta a molte assenze dal lavoro per curarsi spesso viene licenziata. Lo denunciano le associazioni di donne che hanno aderito alla marcia internazionale al ministero della Salute indetta per giovedì 13 marzo, giornata internazionale contro l’endometriosi. 

Le associazioni chiedono più attenzione nei confronti di questa malattia cronica, dovuta alla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero, in altri organi come ovaie, tube, vagina, intestino e, persino, polmoni.

L’Italia è il Paese numero uno della ricerca nel mondo ma la diagnosi arriva ancora troppo tardi, poiché i sintomi, cioè forti dolori mestruali durante il ciclo, vengono spesso sottovalutati.

“C’è chi stima tre anni per una diagnosi, ma in realtà si arriva spesso a 7 o 9 anni, con conseguenze sulla sterilità, ma soprattutto dolori frequenti e fortissimi”, spiega Jacqueline Weit, presidente dell‘Associazione Italiana Endometriosi. Il motivo del ritardo in parte è culturale. “C’è la cultura, specie al Sud, per cui la donna deve soffrire e la donna stessa non riconosce la sintomatologia del dolore mestruale invalidante come patologico. C’è però anche una componente professionale, perché spesso ci si rivolge a farmacisti e medici di base che sottovalutano i sintomi. Per questo insistiamo sulla formazione dei sanitari”.

Alina Migliori, organizzatrice della marcia e sottoposta a ben otto interventi per cercare di far fronte al problema, spiega:

“Chiediamo venga riconosciuta come malattia invalidante. C’è una proposta di legge per l’invalidità civile ferma in parlamento da anni. Mentre molte donne, sia per interventi che per dolori fortissimi, sono costrette a lunghe assenze da lavoro, spesso causa di licenziamenti”.