Disturbi alimentari cresciuti del 300% negli Usa durante la pandemia da Covid-19

Disturbi alimentari cresciuti del 300% negli Usa durante la pandemia da Covid-19

24 Giugno 2021 - di Silvia_Di_Pasquale

I disturbi alimentari tra gli adolescenti americani sono impennati nel 2020 a causa della pandemia da COVID-19.

Le richieste di trattamento di disturbi come l’anoressia e la bulimia in ambito ospedaliero sono aumentate fino al 300%.

I medici hanno notato che i pazienti giunti nelle strutture sono arrivati in condizioni peggiori rispetto a quelli trattati in altri periodi pre covid.

I ricercatori hanno spiegato al Wall Street Journal, citato dal Daily Mail, che tale crisi è dipesa dal grande senso di isolamento causato dalla chiusura delle scuole.

“I pazienti che entrano sono davvero malati”, ha detto al Journal la dottoressa Tracy Richmond, direttrice del programma sui disturbi alimentari presso il Boston Children’s Hospital.

“La consideriamo come una seconda pandemia, i bisogni di salute mentale negli adolescenti e i disturbi alimentari ne fanno parte”.

“I bambini che si affidavano a cose come lo sport e il teatro per dare loro un posto hanno perso tutto questo”, ha detto Richmond.

Uno scenario molto preoccupante che rischia di lasciare segni anche negli anni a venire.

Non si esclude che quanto accaduto in questo anno e mezzo possa avere ripercussioni duraturi sulla psiche, dai problemi di ansia a quelli di depressione, che poi hanno ripercussioni anche sui disturbi alimentari.

Con l’isolamento esplosione di disturbi alimentari anche in Italia.

“Nell’ultimo anno – ha sottolineato Dalla Ragione, direttrice della rete del Centro per i disturbi del comportamento alimentare dell’Usl Umbria 1 – le richieste di assistenza sono aumentate notevolmente e arrivano da tutta Italia”.

“Circa il 20 per cento di coloro che si rivolgono a noi sono maschi, in particolare della fascia 12-17 anni”.

Per Dalla Ragione un effetto negativo sui disturbi alimentari è stato legato anche alla didattica a distanza.

“Lo stress – ha spiegato -, la vita sedentaria e un senso di claustrofobia legato a dover rimanere a casa hanno contributo a peggiorare la situazione. Il cibo è stato una sorta di rifugio”. Foto di Free-Photos da Pixabay.