Depressione: fumare marijuana da adolescenti ne aumenta il rischio

Depressione: fumare marijuana da adolescenti ne aumenta il rischio

18 Febbraio 2019 - di Claudia Montanari

ROMA – Fumare marijuana da adolescenti aumenta il rischio di ammalarsi di depressione del 40%. A sottolinearlo è un recente studio canadese, che ha osservato un aumento del 40% dei rischi di depressione da adulti tra i teenager che hanno usato cannabis. I rischi di depressione grave con ideazioni suicide da adulti, sono inoltre risultati più alti del 50% tra chi aveva usato marijuana da adolescente.

Pubblicata su “JAMA Psychiatry”, la ricerca è stata condotta alla McGill university di Montreal da Gabriella Gobbi, psichiatra e professore: “Circa il 7% dei casi di depressione nella popolazione adulta – ha osservato l’autrice con i media Usa – è probabilmente legato all’uso di cannabis da adolescenti”.

La nuova analisi è basata sulla revisione di 11 studi in materia, che hanno seguito un totale di 23.317 adolescenti sino all’eta’ adulta.

In generale, le nuove stime indicano che l’ uso di marijuana prima dei 18 anni di età è legato ad un aumento delle probabilità di depressione di 1,4 volte più alto rispetto a chi non ha mai fumato erba, e ad un incremento dei rischi di pensieri suicidi di 1,5 volte più alto. Gli ultimi dati sull’uso di marijuana tra teenager rivelano un aumento del consumo.

Proprio in merito alla depressione, molti esperti sono concordi nell’affermare che, in caso di questa malattia, l’alimentazione gioca un ruolo chiave. Una dieta ricca di frutta e verdura aiuta anche ad essere più felici. Lo ha dimostrato un recente studio condotto da ricercatori australiani e neozelandesi che hanno verificato gli effetti di una sana alimentazione su pazienti affetti da depressione o patologie simili.

I ricercatori hanno seguito per tre mesi 67 pazienti in cura con psicofarmaci, psicoterapia o entrambi, e li hanno divisi in due gruppi. Al primo gruppo è stata anche assegnata una dieta che prevedeva un ampio consumo di ortaggi, cereali integrali, legumi, latticini magri, frutta secca, pesce, carne magra, pollame, uova e olio d’oliva. Allo stesso tempo i volontari dovevano ridurre l’apporto in dieta di dolci, fritti, cereali raffinati, carni lavorate e bevande zuccherare.

Al termine dei tre mesi di studio è emerso che il 32 per cento dei pazienti che avevano seguito la dieta sana mostrava una remissione dei sintomi depressivi, contro l’8 per cento del gruppo di controllo. I risultati migliori si erano visti nei volontari che, prima dell’esperimento, seguivano una dieta totalmente sbilanciata e scorretta.

Come ha spiegato a Repubblica Luigi Fontana, professore di Nutrizione all’Università di Brescia e alla Washington University di St. Louis

“possiamo certamente affermare che una dieta a più alto valore qualitativo abbia effetti antinfiammatori e diminuisca l’insulinoresistenza. E adesso anche che può essere efficace nel trattare la depressione. Visto poi il consumo massiccio di antidepressivi, persino nei bambini, credo sia un buon intervento per arginare l’ epidemia di malessere”.