Covid-19, caffè e verdure alleati della prevenzione

Covid-19, caffè e verdure alleati della prevenzione

26 Luglio 2021 - di Silvia_Di_Pasquale

Uno studio della Northwestern Medicine evidenzia che il consumo di caffè e di molte verdure possono offrire una forma di protezione contro il COVID-19.

“La nutrizione di una persona ha un impatto sull’immunità”, ha affermato Marilyn Cornelis, professore associato di medicina preventiva e autore senior dello studio.

“Il sistema immunitario svolge un ruolo chiave nella suscettibilità e nella risposta di un individuo alle malattie infettive, incluso il COVID-19”.

“Oltre a seguire le linee guida attualmente in vigore per rallentare la diffusione del virus, forniamo supporto per altri modi relativamente semplici con cui le persone possono ridurre il rischio e cioè attraverso la dieta e la nutrizione”, ha affermato Cornelis.

Caffè, molte verdure e poche carni lavorate per la prevenzione del Covid-19.

Come si legge su Medical X Press, una o più tazze di caffè al giorno sono risultate associate a una diminuzione di circa il 10% del rischio di COVID-19 rispetto a meno di una tazza al giorno.

Il caffè è una delle principali fonti di caffeina, ma ci sono anche dozzine di altri composti che potrebbero essere alla base delle associazioni protettive che abbiamo osservato”, ha detto Cornelis.

Il consumo di almeno 0,67 porzioni al giorno di verdure (cotte o crude, escluse le patate) è stato associato a un minor rischio di infezione.

Il consumo di carne lavorata di appena 0,43 porzioni al giorno era associato a un rischio più elevato di COVID-19. Mentre essere stati allattati da piccoli ha ridotto il rischio del 10% rispetto a non essere stati allattati.

Ma attenzione, il modo più efficace per prevenire la malattia, in particolare la forma più grave e la morte, restano i vaccini.

Il vaccino antinfluenzale potrebbe proteggere dagli effetti più gravi di Covid-19, riducendo il rischio di ictus, sepsi e trombosi venosa profonda, oltre a quello di ricovero in pronto soccorso e in terapia intensiva.

Lo ha affermato uno studio presentato allo European Congress of Clinical Microbiology and Infectious Diseases.

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