Il caffè può ridurre il rischio di morte per ictus e malattie cardiache

Il caffè non fa battere il cuore (in senso negativo). Lo studio

22 Luglio 2021 - di Silvia_Di_Pasquale

Quante volte hai rinunciato a una tazzina di caffè temendo che aumentasse il battito cardiaco? In periodi di ansia e stress è capitato un po’ a tutti.

Ai tempi del lockdown e del Covid-19 poi, la salute mentale è stata fortemente compromessa e gli alimenti che possono avere un effetto eccitante sono stati evitati da molti.

Un nuovo studio sembra mettere a tacere l’ipotesi che la bevanda possa alterare le palpitazioni cardiache o l’aritmia cardiaca, per usare l’espressione medica.

Come si legge sul sito della CNN, lo studio, pubblicato su JAMA Internal Medicine, ha analizzato il consumo di caffè di oltre 386.000 persone in un periodo di tre anni e lo ha confrontato con i tassi di aritmia cardiaca, che potrebbero includere la fibrillazione atriale.

Il dottore Gregory Marcus, professore di cardiologia presso l’Università di San Francisco, ha scritto nello studio:

“Ogni tazza aggiuntiva di caffè abituale consumata è risultata associata a un rischio inferiore del 3% di aritmia incidente”.

Quando e in chi il caffè può creare problemi.

I ricercatori hanno esaminato i geni associati al possibile nervosismo che segue il consumo della bevanda. Quello CYP1A2, a volte chiamato “gene del caffè”, aiuta nel metabolismo della caffeina.

Coloro in cui funziona bene la metabolizzano a un ritmo normale. Quindi possono bere la loro tazzina senza effetti negativi.

Quando il gene muta, la velocità con cui il corpo metabolizza la caffeina può rallentare e l’effetto del caffè potrebbe durare più a lungo o essere percepito a un ritmo maggiore.

Una “revisione di 201 meta-analisi ha rilevato che il consumo moderato di caffè è probabilmente più vantaggioso che dannoso per la salute”, ha scritto Marcus.

Sono emersi numerosi “possibili benefici per la salute della caffeina e del caffè in particolare, come la riduzione del cancro, del diabete, delle malattie cardiovascolari e della mortalità generale”.

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