PARIGI – Sembra impossibile ma pare proprio vero che dal 2004, anno della scomparsa di Helmut Newton, la Francia non avesse mai ospitato una retrospettiva di questo famoso fotografo che ha contribuito all’affermazione di magazine come Vogue Paris e e di griffes come Yves Saint Laurent.
Figlio di ebrei tedeschi nato a Berlino, fuggito a Singapore appena prima che il regime nazista chiudesse le frontiere, Helmut Neustädter – prima di approdare definitivamente alla fotografia e alla cittadinanza australiana (dove cambiò legalmente il suo nome in Newton e sposò June, all’epoca attrice) – fu raccoglitore di frutta, militare e perfino conducente di camion. Poi venne Londra, l’incontro con Vogue, da lì Parigi e la consacrazione definitiva come interprete di uno stile fotografico fondato sul rigore compositivo, su un imprescindibile bianco e nero, sull’immagine di una donna sicura di sé, dominante, certa della sua bellezza e per nulla succube del maschio. Capace, anzi, all’occorrenza, di farne senza.
Spesso provocatorie, al limite del feticismo (e anche oltre), le opere di Helmut Newton hanno contribuito a connotare un’epoca e circoscrivere un perimetro culturale, risultando spesso decisive nel suscitare seduzione, repulsione, scandalo o perfino ilarità. In ogni caso, raramente indifferenza. In mostra saranno più di 200 opere, la maggior parte delle quali originali o stampe d’epoca realizzate sotto la diretta supervisione del maestro, comprendenti anche Polaroid, scatti di prova e opere editoriali. Il rapporto con la moglie June, durato un sessantennio, verrà ripercorso attraverso un video da lei stessa prodotto e intitolato semplicemente Helmut by June.
(eleonora giuffré)

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