Maria Grazia Chiuri (DIOR): "Se di qualità, la moda non può essere democratica"

Maria Grazia Chiuri (DIOR): “Se di qualità, la moda non può essere democratica”

16 Novembre 2021 - di Claudia Montanari

Prezzo adatto a tutte le tasche? Vuol dire che qualcuno non viene pagato bene. In sostanza, se di qualità la moda non può essere democratica. Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica di Dior donna, è molto chiara. “E’ come se in passato tutti avessero potuto avere Botticelli ad affrescare la loro casa, ma non è così”, spiega la designer durante una conversazione-evento alla Galleria degli Uffizi che anticipa l’iniziativa ‘Fashion for Future’ in programma a Firenze per marzo 2022.

Maria Grazia Chiuri: “La moda non può essere democratica”

“Negli anni passati c’era questa visione della moda democratica. Ma se un prodotto è fatto con certi criteri non capisco perché debba essere democratico”, afferma la stilista, alla guida creativa di Dior dal 2016 dopo le esperienze di successo con Fendi e Valentino.

“La qualità, l’eccellenza paga”. “E per il futuro bisogna concentrarsi su questa idea di qualità ed eccellenza, meno sui grandi volumi. Se uno paga un prezzo troppo basso c’è dietro qualcuno che non è stato pagato bene”.

Del resto, osserva Maria Grazia Chiuri, “ci sarà sempre un acquirente per il lusso. Credo che questo vada anche però in qualche modo personalizzato. Ci sarà sempre più richiesta di quasi-couture su tutti i prodotti, e anche di far vedere cosa c’è dietro, mostrare il processo. Sempre di più il cliente finale vuole essere coinvolto nell’esperienza totale del prodotto che acquista”.

L’importanza della moda sostenibile

Fra le tendenze emergenti soprattutto fra la clientela giovane c’è la ricerca della sostenibilità in nome della transizione ecologica, nota la stilista. Secondo cui però dal lato dell’impresa “bisogna stare attenti”. Perché “questa transizione ecologica se la possono permettere molto di più le grandi aziende, che possono investire, e meno un giovane designer che oggi vuole aprire un suo brand. Può farlo chi lavora in certe aziende che possono permettersi tutto questo. Ma è illusorio pensare che possa partire con le stesse logiche un giovane in India o Africa che vuole fare una sua linea”.

Proprio le figure professionali più giovani possono propiziare il “cambiamento culturale” necessario per la svolta green all’interno delle aziende del settore moda, secondo Chiuri, che tuttavia li invita a una maggiore concretezza. “Molto spesso i giovani pensano che la transizione ecologica si possa fare in 5 secondi, e non è realistico. Io ho in ufficio giovani che vengono da scuole d’eccellenza, ma dicono cose onestamente naif, non si rendono conto della complessità, non capiscono gli aspetti banalmente pratici”.

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