Anna Wintour in forma a 70 anni: cosa mangia, routine quotidiana

Sul futuro di Vogue l’ombra di un sindacato: i dipendenti si stanno organizzando

9 Dicembre 2021 - di Claudia Montanari

Dopo aver espugnato il ‘New Yorker’ e ‘Wired’, i sindacati Usa si preparano a cingere d’assedio altre riviste Condé Nast, tra cui ‘Vogue’: il gioiello della corona. I dipendenti si stanno organizzando e “presto annunceranno piani di farsi rappresentare dagli esperti della News Guild, il sindacato a cui fa capo il personale di altre grandi organizzazioni giornalistiche”. A dirlo è il ‘New York Times’, da fonti apprese all’interno del gruppo.

E’ un altro segno dei tempi per Anna Wintour, ai vertici di ‘Vogue’ dal 1988. E che di recente, a dispetto delle proteste per l’assenza di diversità e le scelte editoriali eurocentriche, è stata messa alla guida di tutte le testate del gruppo. Con l’incarico di ridisegnarne il futuro all’insegna di un nuovo slogan: “Eccezionale non significa esclusivo”.

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Condé Nast, i dipendenti sti faranno rappresentare da un sindacato

Dopo aver passato i mesi del Covid nella villa degli Hamptons, Anna Wintour è tornata a occupare i piani alti della Freedom Tower e lì ha trovato ad accoglierla altre preoccupanti notizie.

Non solo i bilanci aziendali che vedono perdite da cento milioni di dollari l’anno per Condé Nast solo negli Usa. Gli ultimi 12 mesi hanno visto una fuga di direttori tra cui Emmanuelle Alt, da dieci anni a ‘Vogue Parigi’, Angelica Cheung, da 16 a ‘Vogue Cina’, e poi Christiane Arp per 17 alla guida di ‘Vogue Germania’ e Dylan Jones, 22 anni al ‘GQ’ britannico.

Da ‘Them’, un sito destinato a un pubblico Lbgqt, Whembley Sewell è scappata a Netflix e lo stesso ha fatto Michelle Lee di ‘Allure’. Mentre Lindsay Peoples Wagner, astro nascente a ‘Teen Vogue’, in gennaio è passata a ‘The Cut’, le pagine ‘hip’ del ‘New York Magazine’.

L’idea del Vogue global

“Li rispettiamo, ma alcuni non erano a loro agio con la transizione”, ha detto la Wintour al ‘New York Times’. “Noi però siamo convinti che è ora di andare al passo coi tempi”. Anna ci sta lavorando da un anno: sette grandi riviste Condé Nast – ‘Vogue’, ‘GQ’, ‘Wired’, ‘Architectural Digest’, ‘Vanity Fair’, ‘Traveler’ e ‘Glamour’ – diventeranno brand globali. Ciascuno sotto un solo direttore.

“Invece di avere dieci ‘Vogue’ a caccia di una storia avremo un ‘Vogue’ globale. Una sola redazione con diversi desk”, ha spiegato la Wintour.

Non è solo questo che sta smuovendo le acque: due estati fa, quando le fu chiesto se avesse mai pensato alla pensione, le tensioni già sobbollivano e la regina della moda fu costretta a scusarsi per una cultura aziendale che marginalizzava lo staff di colore. Nel settembre 2020 Condé Nast ha introdotto un pacchetto di valori in cinque punti che afferma che “la diversità è la nostra forza”. Nel primo ‘diversity report’ i risultati: il 40 per cento delle assunzioni del 2020 e il 50 per cento dei direttori negli Usa sono ora persone non bianche.