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Tachipirina, Efferalgan… paracetamolo in gravidanza: dubbi salute feto

3 Marzo 2014 - di Claudia Montanari

WASHINGTON – L’uso del paracetamolo in gravidanza, farmaco noto anche come Tachipirina (principio attivo della Tachipirina), potrebbe aumentare il rischio di disturbi dell’attenzione e iperattività nel bambino.

Uno nuovo studio danese, che tuttavia è ancora in fase di accertamenti, invita a fare attenzione sull’uso di paracetamolo in gravidanza in quanto, se assunto in dosi massicce, potrebbe compromettere la salute del feto.

L’allarme viene da uno studio che ha coinvolto diverse università , in particolare quella danese di Aarhus, e quella della California. Stando a quanto pubblicato sulla rivista specialistica Jama Pediatrics, il ricorso al paracetamolo (contenuto nella Tachipirina) è risultato legato a un incremento dei rischi che il bambino sviluppi disturbi dell’attenzione o iperattività.

Scrive il Corriere della Sera:

“Quello che finora era considerato un farmaco «innocuo» anche nei nove mesi di attesa viene ora messo sotto accusa da un ampio studio che ha coinvolto diverse università in tutto il mondo, in particolare quella di Aarhus, in Danimarca, e quella della California a Los Angeles. Per la prima volta l’uso del paracetamolo da parte delle future mamme è risultato legato a un forte incremento dei rischi che il bambino sviluppi disturbi dell’attenzione e iperattività”

Tuttavia, i dati devono ancora essere presi con le pinze:

“Ma sono gli stessi autori dell’indagine a invitare alla cautela nello stabilire relazioni di causa-effetto. I numeri emersi dallo studio – pubblicata sulla rivista americana Jama Pediatrics – sono tuttavia forti. Soprattutto perché i farmaci che contengono paracetamolo sono numerosi, molto diffusi e finora considerati sicuri per le donne incinte”

I numeri:

“I bimbi nati da mamme che hanno preso paracetamolo hanno evidenziato probabilità di avere diagnosi di sindrome dell’attenzione con iperattività elevata (ADHD) più alte del 37% rispetto alla media degli altri bambini. Non solo: il 29% dei piccoli le cui mamme avevano assunto il farmaco hanno mostrato più probabilità di essere sotto cura farmacologica per il disturbo. Gli studiosi dell’università di Aarhus, in collaborazione con l’epidemiologo Beate Ritz dell’Università della California, hanno seguito 64mila bambini danesi nati tra il 1996 e il 2002, tramite questionari ai genitori, l’albo delle diagnosi dell’ADHD e il numero di ricette scritte per il disordine dell’attenzione. Il 56% delle future mamme avevano usato paracetamolo in gravidanza”

Quando è possibile fare uso di paracetamolo?

“Secondo Antonio Clavenna, responsabile dell’Unità di Farmacoepidemiologia, Laboratorio per la Salute Materno Infantile,  dell’Istituto «Mario Negri» di Milano, «lo studio è interessante, anche se soffre di alcuni limiti metodologici. Per esempio, le informazioni sono raccolte attraverso interviste fatte alle mamme e non prendono in considerazione la dose di farmaco assunta.  Il rischio più consistente si osserva nelle donne con un’assunzione prolungata (20 o più settimane), che è rara e potrebbe essere indice della presenza di patologie. L’assunzione frequente di farmaci antidolorifici – prosegue Clavenna – può essere indice di una situazione di ansia/depressione non riconosciuta. I ricercatori non hanno, inoltre, valutato l’assunzione di altri farmaci oltre al paracetamolo, per cui non è possibile escludere che l’aumento del rischio di ADHD sia associato ad altri fattori. Dal momento che altri studi hanno segnalato un possibile effetto dell’assunzione prolungata di paracetamolo sullo sviluppo neurocognitivo, è importante assumere questo farmaco solo se necessario, per non più di cinque giorni (salvo diversa indicazione del medico curante) e attenendosi alle dosi riportate sul foglietto illustrativo»”