Fecondazione eterologa: il 2014 tra ostacoli, ritardi e delusioni

Fecondazione eterologa: il 2014 tra ostacoli, ritardi e delusioni

23 Dicembre 2014 - di Claudia Montanari

ROMA – Fecondazione eterologa, il sogno di moltissime coppie che nel 2014 poteva diventare realtà si è trasformato in una chimera. Tra ritardi, cavilli burocratici e mancanza di donatori, quello che doveva essere considerato l’anno della fecondazione eterologa si è trasformato in una speranza vana per moltissime coppie italiane. Vere e proprie delusioni e disagi per le donne desiderose di ricorrere alla fecondazione eterologa in questo 2014. Nonostante il divieto di fecondazione eterologa sia stato cancellato 6 mesi fa a seguito di una sentenza della Corte costituzionale, come scrivono Michele Bocci e Caterina Pasolini su Repubblica, di fatto una serie di ostacoli tecnici e politici stanno rendendo vana la decisione dei giudici. Inoltre, in Italia manca la materia prima: i donatori.
Ci vorrà tempo, molto tempo, perché il sistema entri a regime. Intanto nel nostro Paese si contano appena una trentina di trattamenti. Venti in Sicilia, nove in Toscana (dove l’ospedale partito per primo in Italia, Careggi, si è già fermato), qualcuno in Emilia Romagna e in Veneto. Troppo poco per soddisfare le richieste delle migliaia di coppie che chiedono di avere un figlio utilizzando i gameti di una terza persona. Se in certe regioni, come la Lombardia, si è capito fin da subito che la politica non aveva alcun interesse a partire nelle strutture pubbliche, in altre ben più motivate ci sono stati comunque grandi problemi. Il quadro che ne esce è sconfortante. Nel nostro Paese non ci sono quasi donatrici. Il ministero della Sanità ha inserito nella legge di Stabilità un emendamento che sancisce la nascita di un registro donatori, per assicurare anonimato e possibilità di risalire comunque al genitore genetico in caso di problemi di salute. Per tutti si tratta di un successo, ma è un fatto che ad oggi manca la materia prima per far funzionare il registro, cioè i donatori. Si attende ancora, invece, l’inserimento della pratica nei Lea, i livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti da ogni Regione”.
Egg sharing, l’unico sistema che per ora funziona:
“Si tratta di ottenere la donazione da una donna che fa la fecondazione omologa per sé e il compagno. È la strada scelta ad esempio a Cortona (provincia di Arezzo), dove hanno già avviato sei casi con questa metodica (due le donne rimaste incinte) e promettono di procedere a un ritmo di due trattamenti alla settimana. Anche a Cattolica puntano sulla stessa linea, ma addirittura tentano la strada delle fecondazioni «incrociate». Come funziona lo spiega Carlo Bulletti, primario dell’unità di fisiopatologia della riproduzione: «I mariti di donne sterili hanno donato il loro seme, donne i cui compagni non potevano avere figli hanno regalato i loro ovociti in sovrannumero. Il risultato? Sei coppie ora hanno la speranza, e alcune di loro già la certezza, di aspettare un bambino. E altre dieci hanno già l’appuntamento per la fecondazione eterologa in gennaio. Donatrici e basta, si contano sulle dita di una mano, noi ne abbiamo trovate solo due. Con questo sistema la gente è più invogliata a donare perché è coinvolta: io do un gamete a qualcuno che donerà un ovocita ad un altro che regalerà il seme ad un terzo. Un circolo virtuoso tra sconosciuti ». Una strada improntata alla solidarietà che non può bastare a rispondere a tutte le richieste”.