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UE lancia diritto alla riparazione oltre la garanzia per ridurre l’impatto ambientale

23 Marzo 2023 - di Claudia Montanari

La Commissione Ue lancia il diritto alla riparazione oltre il periodo di garanzia dei prodotti hi-tech per ridurre l’impatto ambientale. Presentate anche regole anti greenwashing per etichette Eco e Bio.

Riparazioni “più facili ed economiche” anche oltre il periodo legale di garanzia per smartphone, tablet, pc ed elettrodomestici per ridurre l’impatto ambientale, sostenere il Green Deal e contrastare l’obsolescenza programmata. E’ la proposta di punta lanciata dalla Commissione Ue nel suo nuovo disegno di legge sul diritto alla riparazione. Con le norme presentate oggi l’esecutivo Ue punta a dare ai cittadini la possibilità di rivolgersi a servizi di riparazione quando la garanzia legale dei prodotti – solitamente di due anni – è scaduta. Saranno poi introdotti standard comuni di trasparenza su condizioni e prezzi delle riparazioni.

Diritto alla riparazione oltre la garanzia, la proposta della Commissione UE

“Negli ultimi decenni”, evidenzia Bruxelles, “la sostituzione” di smartphone, tablet, pc, dispositivi elettronici ed elettrodomestici “è stata spesso privilegiata rispetto alla riparazione ogni volta che i prodotti diventavano difettosi e non sono stati dati incentivi sufficienti ai consumatori per ripararli alla scadenza della garanzia legale”.

Una pratica che l’esecutivo comunitario vuole contrastare con la sua proposta legislativa. Le nuove norme, viene spiegato, “renderanno più semplice ed economicamente vantaggioso per i consumatori riparare anziché sostituire i beni” e daranno “una spinta al settore delle riparazioni, incentivando nel contempo produttori e venditori a sviluppare modelli di business più sostenibili”.

I consumatori potranno dunque fare leva sul loro diritto alla riparazione per prodotti ancora tecnicamente riparabili ai sensi del diritto comunitario, rivolgendosi anche a servizi indipendenti rispetto a quelli offerti dai produttori.

E’ poi prevista una piattaforma di riparazione online per mettere in contatto i consumatori con riparatori e venditori di beni ricondizionati locali, aiutandoli a comparare le offerte, e ad aprire la competizione nel settore. Allo stesso modo, Bruxelles introduce un modulo europeo di informazione sulla riparazione che i cittadini potranno richiedere a qualsiasi riparatore per aumentare la trasparenza su condizioni e a prezzi del servizio, e sarà sviluppato uno standard di qualità europeo per i servizi di riparazione.

Le proposte contro il greenwashing

L’esecutivo Ue ha lanciato anche il suo piano contro il greenwashing: le aziende europee saranno chiamate a offrire prove scientifiche per garantire che le etichette ‘eco’, ‘bio’, o a ‘ridotta impronta climatica’ sui loro prodotti siano veritiere, affidabili, e comparabili in tutta l’Ue. E contro le dichiarazioni infondate gli Stati membri potranno comminare sanzione amministrative “deterrenti”, incluse le multe. Le nuove regole comuni sono contenute nella direttiva ‘Green Claims’ presentata oggi da Bruxelles. L’obiettivo è tutelare i consumatori e gli operatori economici impegnati ad accelerare la transizione verde.

Dichiarazioni “verdi”, alcuni numeri

Il 53,3% delle dichiarazioni ‘verdi’ sui prodotti fatte dalle aziende esaminate nell’Ue è risultato vago, fuorviante o infondato e quasi il 40% privo di fondamento, è la denuncia dell’esecutivo Ue, che nel tentativo di contrastare il greenwashing si concentra nel dettaglio sulle etichette che riportano le diciture ‘ecologico’, ‘climate neutral’, ‘carbon neutral’, oppure ‘100% CO2 compensato’, ‘biodegradabile’, ‘compostabile’, ‘bio-based’.

Oppure, ancora: ‘maglietta realizzata con bottiglie di plastica riciclata’, ‘realizzato con compensazione di CO2’, ‘imballo realizzato con il 30% di plastica riciclata’ o ‘crema solare rispettosa dell’oceano’. Sono invece escluse le indicazioni come l’Ecolabel già coperte dalle norme Ue o il logo degli alimenti biologici.

La richiesta di fornire prove scientifiche e riconosciute

La Commissione chiede alle aziende di fornire “prove scientifiche ampiamente riconosciute” che “dimostrino la veridicità” di quanto dichiarato dal punto di vista del ciclo di vita del prodotto – dall’estrazione dei materiali fino allo smaltimento.

Le dichiarazioni o le etichette che utilizzano un punteggio aggregato dell’impatto ambientale complessivo del prodotto non saranno più consentite e, davanti alla continua proliferazione di etichette ambientali – Bruxelles stima che oggi ve ne siano almeno 230 -, non saranno permessi nuovi sistemi di etichettatura pubblici, a meno che non siano sviluppati a livello dell’Ue. Qualsiasi nuovo sistema privato dovrà comunque “mostrare ambizioni ambientali più elevate rispetto a quelli esistenti e ottenere una pre-approvazione per essere autorizzato”.

I Paesi membri dovranno garantire l’applicazione delle nuove norme con un sistema di controlli e introdurre sanzioni “efficaci, proporzionate e dissuasive” per chi non le rispetterà, con importi stabiliti a seconda della “natura e gravità della violazione”.