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Valgo perché sono, non perché appaio

19 Ottobre 2017 - di Claudia Montanari

ROMA, di Emanuela Scanu – Valgo perché sono, non perché appaio. Nella nostra epoca apparire appare più importante che essere. Bombardati da immagini continue, con pochi contenuti, abituati al vivere sfuggente, ovvero siamo ovunque e da nessuna parte, sembra che l’immagine colpisca più di una identità vera. Si danno più valore ai like sui social che alle persone che abbiamo accanto. Parliamo ore in chat con sconosciuti, magari dall’altra parte del mondo, e poi non degniamo di una parola  il vicino di casa.

Apparire è mettersi in mostra, l’immagine è qualcosa che si spende per contattare l’altro (reale o virtuale). La nostra società fa riferimento a modelli ed immagini – idolo, lo sa bene il mondo del marketing e della pubblicità che sfrutta questi modelli creando necessità “non necessarie”.

Ecco quindi spiegata la corsa all’acquisto di beni materiali che ci permettono di essere “come” di acquisire uno status che ci faccia sentire adeguati ed accettati e forse meno soli. La solitudine in fondo come dice Fromm è la grande paura di ogni essere vivente ed in ogni epoca si cerca di trovare una soluzione a questo annoso problema.

Non sarà l’agognata borsa di Fendi o la giacchina iconica di Chanel a donarci l’essere. Essere significa identità, esprimere se stessi in modo unico e personale e aderire a schemi imposti non permette di esprimere se stessi. Ciò  porta inevitabilmente al disagio di “non essere”. In casi estremi il bisogno di essere diversi e differenziarsi si riduce ad una esagerazione dell’apparire, ma essere diversi per forza allontana ancora di più dalla propria identità.

Ecco quindi che la famosa frase di William Shakespeare : “Tutto il mondo è un palcoscenico e gli uomini sono soltanto degli attori che hanno le loro uscite e le loro entrate. E ognuno, nel tempo che gli è dato recita molte parti” diventa terribilmente attuale.

Per essere accettati e far parte di un tutto spesso si recita un copione, si indossano maschere che obbligano a vivere in schemi da cui è difficile uscire. Una maschera però non dura a lungo e se sotto non c’è un’identità vera prima o poi si rivela.

Molte patologie sono legate a questo ambito e ne so qualcosa, mi sono laureata con una tesi su l’immagine corporea,  in psicologia le dispercezioni sono causa di dipendenze, di comportamenti ossessivi, di disturbi alimentari. Esprimono una sorta di lotta tra l’essere e l’apparire, poichè la necessità di essere adeguati ed essere accettati è sempre molto forte. Bisogna creare un’inversione di tendenza a cui ad una facciata “bella” debba necessariamente unirsi un contenuto. La bellezza, interiore ed esteriore, è fondamentale per il mondo e gli individui e ne è la prova l’arte, la moda, ma anche un balcone fiorito e l’educazione e non bisogna inorarla o trascurarla. Ma la  vera forza dell’uomo è l’essere e dovrebbe essere sempre valida l’affermazione: “Valgo perché sono, non perché appaio”.

di Emanuela Scanu