Palazzo Chigi

Incandidabilità, dl approvato: fuori condannati con pene sopra i 2 anni

7 Dicembre 2012 - di Claudia Montanari

ROMA – I condannati in via definitiva a pene superiori ai due anni non potranno essere candidati al Parlamento italiano ed europeo, né potranno assumere incarichi di governo.

È arrivata ieri nel pomeriggio, in un momento di forte incertezza nel governo con un Pdl che a distanza di poche ore si astiene su due voti di fiducia, la notizia ufficiale secondo cui il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo sull’incandidabilità.

Una nota di Palazzo Chigi spiega che il decreto prevede l’incandidabilità al Parlamento italiano ed europeo per coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, di maggiore allarme sociale (ad esempio mafia, terrorismo, tratta di persone); per coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, contro la Pubblica amministrazione (ad esempio corruzione, concussione, peculato).

Fuori dalle liste anche chi ha riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni reclusione per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni. Si tratta, in questo caso, “di tutte le fattispecie criminose più gravi per le quali è anche possibile applicare la custodia cautelare in carcere e che, secondo un principio di ragionevolezza e proporzionalità nella limitazione dell’elettorato passivo, sono state individuate sulla base di un indicatore oggettivo, predeterminato, senza operare alcuna selezione nell’ambito di una lista di reati che potrebbe apparire arbitraria”.

Il decreto prevede che l’accertamento d’ufficio della condizione di incandidabilità comporta la cancellazione dalle liste. Nel caso in cui la condanna definitiva per uno dei delitti ‘ostativi’ sopravvenga nel corso del mandato elettivo, le Camere deliberano ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione, in base al quale “ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

Il presidente del Consiglio Mario Monti ha sottolineato che “La radice del decreto legislativo approvato oggi si trova nella legge anticorruzione e nella legge delega che preesistono alla formazione del nostro governo, che peraltro, ben consapevole della grande rilevanza di questa materia per una economia e una società moderne e per una vita politica più trasparente ed ordinata,ha con determinazione e in costante dialogo con le forze politiche lavorato su questi temi, arrivando a conclusioni”.