Mia Farrow, le confessioni di una vita: Frank Sinatra? Complessato e gentile"

Mia Farrow, le confessioni di una vita: Frank Sinatra? Complessato e gentile”

11 Agosto 2014 - di Claudia Montanari

LOCARNO – C’è tempo anche per rispolverare la storia di Hollywood, al Festival di Locarno. Mia Farrow, 69 anni, durante il suo intervento in occasione del Pardo alla carriera parla di tutto. Unico tabù: Woody Allen. E i giornalisti lo sanno. Ma ti fa commuovere, Mia Farrow, con la sua aria ancora da ragazzina, quel sorriso prezioso e gli occhiali. Ti fa tornare indietro nel tempo quando parla della Hollywood di un tempo, del suo viaggio in India con i Beatles, dei suoi film e del rapporto con il regista Roman Polanski. E ovviamente, di Fran Sinatra, suo marito dal 1966 al 1968:
“«L’ho amato molto, era uomo schivo, timido e oppresso da un’infanzia infelice con la madre, vittima del bullismo per l’aspetto mingherlino. Fragile e tenero, si difendeva con il Jack Daniels ed era insonne. Una notte comprammo due libri sicuramente da sonnifero, uno su come si formano le nuvole e uno sull’acustica nelle cattedrali, ma lo ritrovai sveglio all’alba che li aveva divorati entrambi».
Si ricorda tutto, Mia. Anche se ora per lei contano più l’Africa, di cui è diventata Ambasciatrice Unicef (“Ho tre orologi: uno con l’ora di casa, l’altro con quella del Darfur e il terzo con quello della Repubblica Centroafricana”) e Broadway, dove porterà in scena Love Letters:
“«Io mi sento con un piede fuori, sono ambasciatrice dell’Unicef e porto tre orologi, uno con l’ora dell’Africa centrale. Ora torno a Broadway un mese con Love letters , vediamo come va. Mio figlio, mio fan, mi consiglia di continuare»”
Maurizio Porro scrive sul Corriere della Sera:
“Ed è sempre una storia della famiglia: la mamma era Maureen O’Sullivan, la prima Jane di Tarzan, papà era John Farrow, regista di western. «Tutti eravamo figli di gente di cinema che pensava di fare quel lavoro. Mi sarebbe piaciuto anche fare il pompiere, la suora, il medico, ma il mio padrino era George Cukor e la madrina Luella Parsons, pettegola di Hollywood».
Destino segnato, ma estroverso, a giudicare dai risultati: «È un mestiere che ti offre libertà di scelta, bisogna lottare i primi giorni quando ti senti falsa nel ruolo». Primo trionfo di segno demoniaco, Rosemary’s baby di Polanski, «gran regista di assoluta precisione che mi ha aiutata molto e si trasformava per noi in ogni personaggio, con delizioso accento polacco». Mia all’epoca era amica delle celebri coppie, Roman e la sua Sharon, John e la Rowlands (con cui girò Un’altra donna ), Liz e Burton conosciuti sul set con la Taylor di Cerimonia segreta di Losey: «Avevo un personaggio complesso, disturbato, ero in un periodo infelice. Liz mi fece da madre, arrivava alle undici invece che alle sette e cominciava a offrirmi — su bicchieri orlati col sale — cocktail Margarita che fingevo di bere ma versavo nei vasi. Erano fantasticamente fuori dal mondo: a pranzo stavano via ore, andavano a trovare i loro cani per cui avevano uno yacht attraccato a Londra»”

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