Salute

Gravidanza, curare la gengivite dimezza il rischio di parto prematuro

Le gengive infiammate in gravidanza sono pericolose per il piccolo, possono aumentare il rischio di parto prematuro. Ma la buona notizia è che curare la gengivite quando si è in dolce attesa dimezza il rischio di partorire prematuramente e riduce il rischio che il bambino nasca sottopeso. A rivelarlo è uno studio condotto presso l’Università di Sydney e pubblicato sul Journal of Oral Health and Preventive Dentistry. Si tratta di una revisione sistematica dei dati dei lavori già pubblicati sull’argomento, su un ragguardevole numero di donne, oltre 1000 pazienti in totale.

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Il legame tra gravidanza e gengivite

Il parto prematuro (prima della 37/a settimana) si verifica in una gravidanza su dieci. E circa 20 milioni di neonati nascono sottopeso (sotto i 2,5 chili) ogni anno nel mondo.

La parodontite, ovvero la malattia infiammatoria delle gengive che si presenta con arrossamento e sanguinamento e che, se non trattata, può portare a perdita di denti anche in soggetti giovani, è stata in passato collegata ad eventi avversi in gravidanza. Ma poco si sa sugli effetti in gravidanza dell’infiammazione gengivale più superficiale, ovvero della gengivite. Che è sì un problema meno grave, ma comunque importante cui prestare attenzione, essendo spesso l’anticamera della parodontite vera e propria.

Joerg Eberhard, presidente della Lifespan Oral Health presso la School of Dentistry dell’Università di Sydney e coordinatore dello studio spiega: “A causa dei cambiamenti ormonali che intervengono durante la gravidanza, le gestanti sono più suscettibili alla gengivite. Infatti dal 60 al 75% delle gestanti ne sono colpite, quindi è un disturbo molto comune”.

“L’infezione del cavo orale (come nel caso della parodontite) può avere effetti sistemici nel corpo -spiega. La gengivite rilascia sostanze infiammatorie e batteri nel circolo sanguigno che possono raggiungere la placenta e indurre eventi avversi di gravidanza come il parto prematuro”. “La nostra revisione ha rilevato che sorprendentemente anche una lieve infiammazione del cavo orale, che include anche le gengive, può influenzare negativamente la gravidanza. Aumentando il rischio di parto prematuro o di basso peso alla nascita. Quindi è essenziale gestire questo fattore di rischio”, aggiunge Eberhard.

Lo studio

“Il nostro studio mostra che se l’infiammazione delle gengive viene trattata durante la gravidanza, il rischio che un bambino nasca prematuro si riduce di circa il 50%. E il peso alla nascita aumenta di circa 100 grammi nei nati con basso peso”, afferma Eberhard.

“La relazione tra malattie parodontali e complicanze della gestazione come i parti prematuri, rappresenta un aspetto molto studiato”, afferma Nicola Marco Sforza, Presidente Eletto della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP). “La ricerca scientifica – continua – ha identificato infatti un’associazione tra la malattia parodontale e almeno tre tipi di esito sfavorevole della gravidanza. Sottopeso del neonato, nascita pre-termine e pre-eclampsia (definita come un’elevata pressione sanguigna materna con eccesso di proteine nelle urine).

Le ragioni di questo legame pericoloso sembrano essere legate all’infiammazione locale e alla possibilità di colonizzazione della placenta e del feto da parte dei batteri provenienti dalla bocca. E in particolare di alcuni patogeni specifici della parodontite, attraverso il flusso sanguigno”.

“Resta indubbio tuttavia – raccomanda Sforza – che tutte le donne in gravidanza devono essere incoraggiate ad effettuare controlli odontoiatrici regolari, volti a prevenire o trattare precocemente le malattie gengivali. La vera buona notizia, infatti, è che la gengivite si previene e si cura in modo semplice e poco costoso. E ciò va spiegato alla popolazione”, sottolinea l’esperto.

“Non a caso la nostra Società scientifica insieme con le Società di area ginecologica lavorano da tempo ad un position paper comune. Proprio con la prospettiva di sensibilizzare in modo strutturato non solo gli odontoiatri e i ginecologi, ma anche i medici di famiglia, i farmacisti e i pazienti”, conclude Sforza.

Claudia Montanari

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