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“Vuoi lavorare? Togli il velo”: ragazza denuncia discriminazione

12 Aprile 2013 - di Claudia Montanari

MILANO – Non riuscire a trovare lavoro esclusivamente a causa dello hijab, il velo. Sara Mahmoud spesso ha dovuto sentire frasi sgradevoli quali: “Sei molto carina e se vuoi lavorare qui devi togliere il velo” così la ragazza, italiana e musulmana perché figlia di genitori egiziani ma nata e cresciuta in Italia, dopo l’ennesima mail che le rifiutava un lavoro per via dello hijab, ha fatto ricorso al Tribunale di Lodi.

Una ragazza giovane e bella che per via del velo è stata più volte discriminata. La storia di Sara, 21 anni, la racconta Zita Dazzi su Repubblica:

“L’ultimo no è scritto nero su bianco nella mail di risposta avuta da una società che cura eventi in Fiera, che l’ha respinta per il suo rifiuto di togliere il fazzoletto che le copre i capelli. Sara ha così deciso di rivolgersi a uno studio di avvocati specializzati in procedimenti contro la discriminazione razziale e di fare causa per ristabilire quello che ritiene un suo diritto: “Portare il velo come prescrive la mia religione senza essere ingiustamente penalizzata sul lavoro e nella società”.

La ragazza parla l’arabo e l’italiano, “con una spiccata inflessione milanese”, nata da genitori che arrivarono dal Cairo a Milano oltre 25 anni fa, scrive Repubblica:

“Io sono cittadina di questo Paese. Studio per laurearmi in Beni Culturali all’università Statale. E come tutti ho bisogno di guadagnare qualche soldo per non pesare tutta sulle spalle della mia famiglia”, spiega.

Il velo le copre solo i capelli, il viso di questa bella ragazza rimane scoperto. Ma le società dove cerca lavoro, anche solo volantini per non gravare sui suoi genitori, la rifiutano per quel velo, spiega Repubblica:

“Un velo come lo portano tante donne e che non pregiudica la possibilità di fare un documento o di frequentare luoghi pubblici. “Anche in questo caso, quando ho mandato la mia foto col curriculum alla società che organizza i volantinaggi pubblicitari i fiera, ho ricevuto subito la richiesta esplicita di levarmi lo hjiab se volevo avere il lavoro”.

La mail della società non lascia dubbi: “Ciao, Sara. Mi piacerebbe farti lavorare perché sei molto carina, ma sei disponibile a toglierti il chador?”. Ma la ragazza è tenace e tenta la trattativa, spiegando le sue ragioni: “Ciao Jessica, porto il velo per motivi religiosi e non sono disposta a toglierlo. Eventualmente potrei abbinarlo alla divisa”. Segue una ulteriore mail della società: “Ciao Sara, immaginavo. Purtroppo i clienti non saranno mai cosi flessibili. Grazie comunque”. Sara insiste: “Dovendo fare semplicemente volantinaggio, non riesco a capire a cosa devono essere flessibili i clienti”. Ma questa è stata l’ultima mail del carteggio”.

La ragazza si è così rivolta agli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri, che si preparano a depositare un ricorso al Tribunale di Lodi, riporta Repubblica:

I quali, oggi stesso depositeranno un ricorso al tribunale civile di Lodi, chiedendo “accertare e dichiarare il carattere discriminatorio dei comportamenti” tenuti dalla società che ha negato il lavoro alla giovane per il velo che indossa. “Anche la Corte europea ha sempre sancito che le limitazioni che incidono sulla libertà religiosa possono essere introdotte solo a tutela di diritti personali altrettanto importanti, come la sicurezza o l’incolumità personale – commenta il legale Guariso – non certo per inseguire un presunto gradimento della clientela”.

Foto da: Inayah

 

Rettifica del 17/04/2013

ROMA – A seguito della denuncia di Sara Mahmoud, ragazza musulmana più volte discriminata nel lavoro a causa del suo velo, l’agenzia “Evolution Events“, di cui né su Ladyblitz nè su Repubblica, -il quotidiano da cui è stato ripreso l’articolo- è stato mai rivelato il nome, chiede il diritto di replica.

Zita Dazzi ha raccontato su Repubblica la storia di Sara, che spesso ha dovuto sentirsi dire “Sei molto carina e se vuoi lavorare qui devi togliere il velo”. Così la ragazza, italiana e musulmana perché figlia di genitori egiziani ma nata e cresciuta in Italia, dopo l’ennesima mail che le rifiutava un lavoro per via dello hijab, ha fatto ricorso al Tribunale di Lodi.

A seguito di questa notizia, la suddetta agenzia di eventi manda il seguente comunicato:

In relazione alle recenti notizie divulgate a mezzo stampa, diffuse anche attraverso conosciuti portali online (repubblica.it, corriere.it, ilgiorno.it, ed altri) e trasmissioni televisive di grande rilevanza nazionale (MEDIASET, RAI) e riguardanti una presunta ipotesi di discriminazione religiosa e/o razziale che sarebbe stata posta in essere nei confronti di una ragazza di Milano, Sara Mahmoud, la Agenzia citata da alcuni degli organi di informazione quale responsabile di detta pretesa deprecabile condotta, la Evolution Events S.r.l. di Imola, in persona della legale rappresentante Dott.ssa Roberta Casetti, per il tramite del sottoscritto legale evidenzia che la notizia in questione è destituita di ogni concreto fondamento, considerato che la suindicata Agenzia conferma di non aver posto in essere, né in questa occasione, né mai, alcun comportamento anche solo astrattamente idoneo a configurare una discriminazione di qualsivoglia natura nei confronti dei propri Collaboratori e/o comunque di terzi.

La “Evolution Events” è stimata Agenzia di Organizzazione di Eventi da tempo radicata nel panorama nazionale, che, nel corso della sua pluriennale esperienza, si è sempre contraddistinta per l’impeccabile professionalità tenuta nei confronti dei propri Clienti nonché, soprattutto, nei confronti dei propri Collaboratori, reclutati senza alcuna distinzione di nazionalità, religione o razza, e con i quali ha sempre instaurato e conservato rapporti di reciproca assoluta correttezza e serietà.
D’altro canto anche dal tenore della notizia così come riportata dagli organi di informazione, emerge inequivocabilmente che nel caso di specie la mancata instaurazione di un rapporto lavorativo, nulla ha a che fare con il credo religioso della candidata, bensì è riferibile alla mancanza di precisi criteri e standard estetici richiesti da Evolution Events.
Invero, dall’esame della ricostruzione dei fatti riportata dalla Sig.ra Mahmoud e, segnatamente, dalla richiesta di disponibilità, inoltrata alla ragazza da parte di Evolution Events, di eventualmente svolgere la propria attività lavorativa senza lo “hjiab”, si deduce facilmente che la Agenzia non abbia assolutamente inteso opporre un rifiuto alla richiesta di lavoro della Sig.ra Mahmoud per il fatto che la medesima fosse di religione musulmana, bensì abbia evidentemente rilevato, dopo aver incassato il rifiuto da parte della ragazza, nell’ambito della propria intangibile sfera di discrezionalità di organizzazione della propria impresa, che la giovane non avrebbe potuto soddisfare le molteplici e specifiche esigenze relative all’immagine e all’aspetto che sono rappresentate dai Clienti alla Agenzia.
Essendo la sopracitata notizia, così come diffusa, evidentemente pregiudizievole per l’immagine e per l’attività della Agenzia Evolution Events oltre che per il decoro e la reputazione delle persone che la rappresentano, si chiede di dare alla presente precisazione il medesimo spazio fornito alla predetta notizia, con rettifica del contenuto secondo quanto in questa sede rappresentato.
Con espressa riserva di tutelare i propri diritti nelle competenti sedi giudiziarie nei confronti di tutti coloro che hanno diffuso, e/o contribuito a diffondere, la infondata notizia in oggetto. Tanto si doveva”.