ROMA – Lavorare con i turni di notte fa invecchiare prima il cervello: si perdono, in media, sei anni e mezzo ogni dieci anni di questo tipo di lavoro. Ma il processo è reversibile. E’ quanto sostiene una ricerca franco-gallese pubblicata sul giornale Occupational and Environmental Medicine e ripresa da Emanuela Di Pasqua sul Corriere della Sera.
La colpa è dell‘alterazione del naturale ritmo sonno-veglia, che fa invecchiare più velocemente. Ma se si interrompe questo sfasamento si assiste ad un netto miglioramento della salute cerebrale.
I ricercatori hanno sottoposto tremila volontari ad alcuni test di memoria, di velocità di pensiero e di abilità cognitiva. Dai risultati è emerso che chi per più di dieci anni ha svolto una professione notturna ha una capacità mentale paragonabile a quella di una persona più vecchia di sei anni e mezzo.
C’è però una buona notizia: quando si smette di lavorare di notte il cervello riprende progressivamente ad allinearsi all’età biologica, anche se per ottenere questo risultato ci vogliono cinque anni.
Non si tratta certo del primo studio che evidenzia gli effetti nocivi dei turni notturni. Studi precedenti avevano evidenziato i gravi rischi per la salute legati ai turni in generale e in particolare a quelli notturni. In particolare chi lavora di notte è più esposto al rischio di infatrto e di ictus, e più in generale di patologie coronariche e cardiovascolari.
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