“Per non farne una guerra di religione non resta che affidarsi a elementi quanto più possibile oggettivi. Di diete stiamo parlando e cominciamo da quella mediterranea. Le conferme che sia un modello dietetico estremamente vantaggioso, dichiarato patrimonio culturale immateriale dell’Umanità dall’Unesco nel 2010, sono innumerevoli. Una delle ultime è arrivata, a dicembre 2014, dal British Medical Journal . Ricercatori di Harvard, dopo aver seguito per anni quasi 5 mila infermiere americane, registrandone abitudini alimentari e di vita, hanno scoperto perché questa dieta è un elisir di lunga vita (in media, dice l’OMS, regala quattro anni di vita in più rispetto a una dieta di “tipo americano”). Un’alimentazione povera di grassi di origine animale, sostituiti dall’olio di oliva, ricca di cereali, frutta, verdure e legumi, con pesce e poca carne, manterrebbe più lunghi i telomeri, segmenti dei cromosomi che giocano un ruolo fondamentale nei processi di invecchiamento e sono “accorciati” da stili alimentari e di vita malsani”
“«Che un regime iperproteico inizialmente faccia dimagrire è fuori di dubbio — dice Marcello Ticca, vicepresidente della Società italiana di scienza dell’alimentazione — ma si sovraccaricano reni e fegato, si introducono troppi grassi animali e si rischia una ipercolesterolemia, oltre ad andare in acidosi – un fenomeno molto negativo -, mentre vengono a mancare vitamine, minerali e fibre, dall’indubbio ruolo protettivo. Per di più, il peso perso consiste soprattutto in liquidi e massa magra ( perché l’acidosi, oltre a inibire la sintesi proteica, ostacola la scissione dei grassi corporei e quindi l’organismo come fonte di energia utilizza le proteine corporee, ndr ), e viene recuperato molto rapidamente. Poi, un conto è seguire una dieta di questo tipo per una o due settimane – a patto che il medico ci autorizzi -, altro è farne una “regola di vita”»
“«Contrariamente a quello che ancora molti pensano — chiarisce Vincenzino Siani, presidente della Società italiana di nutrizione vegetariana — si tratta di un regime alimentare equilibrato, a patto di sapere quello che si fa. Comunque, il rischio che si corre non è affatto la carenza di proteine – dato che quelle di carne e pesce possono venire “compensate” da quelle assunte con cereali e legumi – ma semmai l’eccesso. Basti pensare che a una donna di 60 chili servono mediamente 54 grammi di proteine al giorno e che un etto di pasta ne contiene 11 grammi, un etto di legumi più di 20 grammi, un etto di formaggio stagionato (previsto nella dieta dei “latte- ovo -vegetariani”) oltre 30». «Più complesso — prosegue Siani — il discorso per i vegani, che escludono dalla dieta anche uova e latte, e possono incorrere in una carenza di vitamina B12. Carenza che, all’inizio, si manifesta in maniera subdola con disturbi dell’umore e solo in seguito con anemia. Ma anche in questo caso basta sapere quello che si fa e ricorrere ad opportuni integratori»”
«Semplificando, significa adottare un modo di mangiare non solo accessibile a tutti e in grado di fornire una corretta nutrizione, ma anche rispettoso delle risorse naturali del pianeta, pur in considerazione delle specifiche esigenze economiche del settore agroalimentare di ciascun Paese»
“Frutta, verdura, legumi, pane, pasta, che secondo i nutrizionisti dovrebbero rappresentare la base dell’alimentazione quotidiana, stando ai calcoli degli esperti sono anche i cibi per la cui produzione il pianeta fatica di meno. Più “costosi” in termini ambientali sono alimenti di origine animale come carne, salumi, formaggi. Si calcola che gli allevamenti per produrre carni, latte, uova generino il 14,5% delle emissioni di gas a effetto serra e utilizzino il 70% del terreno agricolo”
“«La dieta mediterranea oltre a essere riconosciuta come la più salutare è anche un modello ideale di dieta sostenibile, perché si basa soprattutto su verdura, frutta, legumi, pasta, pane, riso, che sono a più o meno basso impatto ambientale, e poca carne». E Massimo Marino, della società Life Cycle Engeneering, aggiunge: «I calcoli ci dicono, per esempio, che il ciclo di vita di un litro di latte può produrre una quantità di gas serra che è circa due volte e mezzo più alta di quella di un kg di pomodori, ma ben 36 volte più bassa di una pari quantità di carni rosse. Ma è comunque difficile mettere a confronto alimenti così diversi dal punto di vista nutritivo». La dieta mediterranea è dunque il modo di nutrirsi più vicino al modello proposto dai nutrizionisti-ambientalisti, che suggeriscono di mangiare vegetariano tutti i giorni e la carne solo due volte alla settimana”
“«Vero amico dell’ambiente è chi ha una dieta equilibrata e varia, senza preclusioni dogmatiche. Equilibrio ambientale e produzione agricola necessitano di una certa quantità di allevamenti: in montagna, ad esempio, possono essere l’unica risorsa della popolazione, che cura il territorio evitando dissesti»”
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