Salute

Diabete, come il tè verde aiuta a regolare la glicemia

ROMA – Riuscire a gestire il diabete attraverso l’alimentazione sembra essere sempre più possibile. Nello specifico, un nuovo studio ha dimostrato che una terapia a base di cellule comandate ‘da remoto’ attraverso il consumo di ‘tè verde’ (o di un composto contenuto nella bevanda) aiuta a regolare la glicemia in scimmie e topi diabetici. Lo studio è stato diretto da Haifeng Ye della East China Normal University a Shanghai e pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine.

Gli scienziati cinesi hanno creato delle cellule umane dotandole di un interruttore genetico che si può accendere a comando o bevendo tè verde o ingerendo un composto in esso contenuto, l'”acido protocatecuico”. Le cellule sono state iniettate in topolini e scimmie con diabete sia di tipo 1, sia 2, e controllate ‘da remoto’, somministrando agli animali o la bevanda o, meglio ancora, la molecola contenuta nel tè. In risposta a questa attivazione a distanza, le cellule rilasciano alcuni tra i principali ormoni che controllano la concentrazione di zucchero nel sangue (glicemia), insulina e ‘GLP-1’ (un ormone gastro-intestinale), consentendo il controllo glicemico degli animali. L’interruttore genetico creato, attivabile dal tè, offre un’ottima piattaforma per studiare i geni in laboratorio e rappresenta anche una nuova opportunità terapeutica per la terapia genetica e cellulare, concludono i ricercatori cinesi.

“Si tratta di un modello estremamente sofisticato e interessante di terapia cellulare – afferma in un commento all’ANSA Francesco Purrello, diabetologo dell’Università di Catania e presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID). Sono stati creati dei modelli cellulari – spiega – in cui sono stati poi inseriti dei ‘recettori’ capaci di essere attivati quando vengono poi somministrati degli ‘attivatori’ (in questo caso un componente del tè verde)”. Solo queste cellule vengono attivate dal tè, mentre tutte le altre cellule dell’organismo restano indifferenti al consumo di tè o della molecola da esso derivata”. “Incoraggiante che uno dei modelli animali utilizzati sia la scimmia, il ‘macaco cinomolgo’ o macaco di Giava – sottolinea Purrello – un primate e non un roditore”, quindi un animale molto simile all’uomo. Investire sulla ricerca scientifica rappresenta l’unico modo per realizzare quello che solo fino a poco tempo fa sembrava utopia e che invece si sta avvicinando sempre più – conclude: la terapia di precisione”. 

Claudia Montanari

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