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Corsa: ginocchia, artrosi, stretching: 3 miti da sfatare

MILANO – Corsa, male al ginocchio, artrosi e stretching: alcuni miti da sfatare su quello che, complice la crisi, sta diventando quasi lo sport nazionale per molti italiani. Parliamo del running, o jogging che dir si voglia. Su Repubblica Agnese Ananasso aiuta a fare chiarezza su alcuni luoghi comuni molto diffusi. Vediamoli insieme.

Per quanto riguarda, per esempio, le articolazioni del ginocchio, Repubblica ricorda che uno studio del 2013 basato sull’osservazione di 75mila runner e 15mila “walker” ha rivelato che i primi erano nettamente meno predisposti a sviluppare l’artrosi del ginocchio rispetto ai secondi, con probabilità quasi dimezzate.

Il motivo sarebbe nel fatto che chi corre ha un indice di massa corporea inferiore rispetto a chi cammina solamente. E più si corre più diminuisce il rischio di artrosi. Anche in questo caso la spiegazione è che il principale fattore di rischio dell’osteoartrosi al ginocchio è l’obesità. Quindi più magri si è e meglio è, ma magri muscolosi, ovviamente. Secondo lo stesso studio non ci sono nemmeno prove che la corsa aumenti il rischio di osteartrosi in chi fa maratone.

Altro mito da sfatare riguarda lo stretching. Spiega Ananasso:

Un’indagine condotta dal Cochrane reaserch network sui benefici dello stretching haevidenziato che, sia che venga fatto prima, che dopo che durante l’esercizio, “non ha effetti significativi sulla riduzione degli infortuni”. Una tesi confermata anche dal Clinical Journal of Sports Medicine. Addirittura lo stretching statico potrebbe rivelarsi deleterio, forse più per i velocisti che non per i maratoneti. Per prevenire gli infortuni sarebbe molto meglio fare dei movimenti “funzionali”, che attivino le articolazioni e la muscolatura, prima di iniziare a correre. O comunque se proprio si vuole fare stretching prima, è meglio sceglierne uno attivo e iniziare molto molto lentamente.

Fondamentale per non farsi male, invece, è il modo in cui si corre.

Uno studio condotto nel 2012 tra 52 atleti di endurance di college americani ha avallato la tesi che correre sull’avampiede non è la corsa “ideale” per prevenire gli infortuni, anzi: nei runner che correvano di avampiede il tasso di infortuni era più di chi correva di tallone. C’è da dire che il numero del campione analizzato era troppo esiguo per trarre delle conclusioni applicabili all'”universo” dei runner, anche perché nell’indagine sono stati osservati atleti che corrono naturalmente, spontaneamente di avampiede (non atleti che hanno modificato la loro postura) e soprattutto si tratta di atleti “veri” che si sottopongono a 5-6 sedute di allenamento settimanali.

Mari

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