Greenpeace contro le trivelle nel Canale di Sicilia 13

Greenpeace: no alle trivelle petrolifere nel Canale di Sicilia

16 Luglio 2012 - di lbriotti

PALERMO – La mattina di venerdì 13 luglio, i  bagnanti di Mondello hanno assistito agli effetti disastrosi di uno sversamento petrolifero in mare. in realtà, si è trattato di una simulazione organizzata degli attivisti di Greenpeace che, “sporchi di petrolio” hanno aperto sia in spiaggia sia in mare due grandi striscioni con le scritte “No trivelle nel Canale di Sicilia” e “Meglio l’oro blu dell’oro nero”. Sullo sfondo la barca a vela di Greenpeace con il logo del tour dal nome siciliano “U mari nun si spirtusa” contro la minaccia delle perforazioni in mare.

“Meglio l’oro blu dell’oro nero” è anche il titolo del rapporto che Greenpeace ha lanciato in queste settimane per denunciare i rischi della folle corsa petrolifera già partita nel Canale. Nelle prossime settimane due le attività principali del tour: una spedizione scientifica che, tramite un veicolo filoguidato dotato di telecamera documenterà la biodiversità dei banchi d’alto mare del Canale e iniziative di sensibilizzazione per chiedere a tutti i comuni della costa meridionale della Sicilia di firmare l’appello al ministero dell’Ambiente per fermare le trivelle e tutelare il mare del Canale di Sicilia.

I rischi creati dalle perforazioni off-shore sono inaccettabili per l’ambiente, per l’economia e per il benessere delle comunità che vivono sulla costa – sottolinea Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace. – Non possiamo permetterci un secondo “Golfo del Messico” nel cuore del nostro Mediterraneo. Perciò chiediamo agli amministratori locali e ai siciliani tutti di sostenere il nostro appello affinché il ministero dell’Ambiente fermi la folle corsa all’oro nero”. 

Insieme agli attivisti, sulla spiaggia di Mondello erano presenti l’Assessore Regionale del Territorio e dell’Ambiente Alessandro Aricò, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e l’Assessore alla Vivibilità del Comune di Palermo Giuseppe Barbera. tutti e tre hanno pubblicamente firmato l’appello lanciato da Greenpeace. Sono già 17 i comuni che invece hanno aderito all’appello, insieme a numerose associazioni locali e di categoria.

Il Canale di Sicilia è uno dei punti più ricchi di biodiversità del Mediterraneo. Questo patrimonio è minacciato da ben ventinove richieste di ricerca di petrolio, di cui undici già autorizzate. L’Italia, a quanto dichiara Greenpeace, è un paradiso per i petrolieri. Se le richieste fossero tutte approvate, compagnie come Shell e Eni e altre meno note come la Northen Petroleum pagherebbero in totale poco più di 66 mila euro l’anno di canone per fare ricerca in un’area di oltre 10 mila chilometri quadrati. Inoltre, se trovassero il petrolio, pagherebbero delle royalties tra le più basse al mondo.

I rischi invece sarebbero tutti a carico della comunità secondo Greenpeace: la stima dei danni per il settore turistico causati dalla Deepwater Horizon è di circa 18 miliardi di euro. Anche un incidente nel Canale non sarebbe senza conseguenze: qui infatti si trova circa il 40 per cento della flotta da pesca regionale che genera oltre il 17 per cento dei ricavi nazionali per il settore, mentre l’insieme delle province che si affacciano sul Canale assorbe circa il 38,6 per cento del flusso di presenze turistiche regionali, con il 35 per cento degli occupati per alberghi e ristoranti.

Con il tour “U mari nun si spirtusa”, Greenpeace organizzerà incontri ed eventi di sensibilizzazione per illustrare la roadmap di tutela del Canale di Sicilia. Tutti i cittadini possono seguire il tour anche on line sul sito www.notrivelletour.org e aderire alla petizione per chiedere al proprio sindaco di sottoscrivere l’appello rivolto al ministro dell’Ambiente.