Divisa nel modo e nei perché getta via in un anno più di dieci miliardi di euro di cibo che potrebbe essere donato, mentre solo il 4% dei nostro connazionali lo fa. E sono i più giovani i più spreconi, sottolinea Andrea Segré, docente e inventore di Last minute market, che però nota un lieve miglioramento: nell’ultimo anno chi getta alimenti buoni nella spazzatura almeno una volta alla settimana è sceso infatti dal 60 al 27%.Perché si butta via? «Troppi italiani sono confusi, disorientati. Leggono sull’etichetta dei prodotti “si consiglia di consumare preferibilmente entro…” e lo prendono come un obbligo. E cibo ottimo finisce nel cestino — spiega Segré — Bisogna migliorare la conservazione e la gestione del cibo».Il rapporto di Waste Watchers, che verrà presentato la prossima settimana, regala una panoramica inedita del nostro paese. In testa c’è un primo blocco di regioni del Sud, come Abruzzo, Puglia, Calabria e Campania che motiva la spazzatura piena di cibo commestibile soprattutto con la risposta assai sincera: «Ho cucinato troppo e calcolato male gli acquisti». In Piemonte eFriuli Venezia Giulia, gli intervistati mettono come principale causa dello spreco il fatto che frutta e verdura, spesso conservate in frigo già all’acquisto, quando vengono portate a casa vanno a male rapidamente.Un’indicazione utile per la grande distribuzione, come quella che arriva da Veneto e Umbria dove gli abitanti puntano il dito contro i produttori: a provocare il sovrappiù che finisce nei rifiuti sarebbero «le dimensioni troppo grandi delle confezioni» che invitano all’acquisto ma poi il cibo avanza. Chi invece si autoaccusa per le pattumiere affollate, sono emiliani e sardi che imputano quel cibo avanzato e buttato alle loro abitudini alimentari«e all’aver acquistato cose che non piacevano». In Sicilia e Basilicata buttano via quello che «non ha un buon odore o un buon sapore» mentre nel panorama dei perché la Liguria spicca. È «la paura di non avere in casa cibo a sufficienza» che porta a riempire il carrello e il frigo di acquisti in eccesso che poi avanzano e vanno a male. Mentre a Roma molto dello spreco è addebitato ai problemi organizzativi che portano a fare la spesa solo una volta alla settimana, e non tutto il cibo regge sette giorni.
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