A Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: La Viennoiseries

24 Febbraio 2016 - di mlantermino

Roma – A Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: La Viennoiseries.

(a cura di Maria Antonella Calopresti).

Terzo appuntamento con il Maestro Riccardo Scevaroli. Dopo il Lievito Madre, il Lievito di Birra, la Biga e il Poolish oggi ci parla della Viennoiseries

Viennoiseries.

Con viennoiseries si descrive una intera categoria di dolci in cui ricadono anche i lievitati sfogliati (croissant, cornetti, pain au chocolat e pasta danish) oggetto di questa lezione.

Il termine coniato in Francia distingue una serie di dolci lievitati nati sotto l’impero austriaco e successivamente perfezionati in Francia e di grandissima diffusione a Parigi grazie alla boulangerie Viennoise.

E’ necessario aprire un breve approfondimento teorico sulle farine per comprendere con alcuni spunti la loro importanza nella riuscita dei lievitati sfogliati e nei lievitati in generale.

Le farine sono fondamentali nei lievitati e la loro qualità è determinata dalle proteine contenute e dall’equilibrio che si determina fra gliadina (estensibilità ed elasticità) e glutenina (tenacità).

Farine deboli (fino indicativamente a W 170) reggono lievitazioni brevi, farine di media forza, forti e rinforzate reggono invece lievitazioni prolungate grazie alla capacità di formare una fitta maglia glutinica, resistente ed al tempo stesso elastica.

Quindi farine di adeguato W (forza della farina ottenuto con alveografo di Chopin, è l’area sottesa dal grafico che mette in relazione P ovvero resistenza dell’impasto con L estensibilità dell’impasto) che nei lievitati è elevato (dai 300 ai 420 in funzione della ricetta e dell’impasto ricercato) e valori di P/L equilibrati (che nei lievitati si attesta fra 0,55-0,65) danno impasti che grazie alla lunga lievitazione e maturazione sono ben sviluppati, digeribili e di un ottimo colore grazie anche all’alto contenuto di glucidi che partecipano alla reazione di Maillard.

In ambito professionale, e lo cito per chi magari farà corsi dedicati di approfondimento, un altro parametro che viene valutato prima di avviare un bilanciamento di ricetta è il falling number o indice di caduta che è rappresentativo dell’attività amilasica della farina ovvero banalizzando della sua capacità di formare quantità di zuccheri in impasto dovuta all’azione fermentativa degli enzimi amilasi.

Il falling number serve per comprendere se l’attività amilasica è nella norma, oppure se è troppo alta (in tal caso l’impasto sarebbe colloso e si avrebbe uno sviluppo limitato e una colorazione intensa) richiedendo di intervenire sull’impasto con uso di malto e aumentando l’acidità dell’impasto stesso per inibire l’attività enzimatica. Idem una attività amilasica troppo bassa ci dà ovviamente impasti con sviluppo limitato e richiede correzioni con malto e sui tempi di fermentazione per correggere il risultato voluto.

Non c’è relazione diretta tra forza e falling number anche se in generale farine forti hanno una attività amilasica bassa e farine deboli alta se messe a confronto.

Quindi riassumendo la forza della farina influenza.
a) quantità necessaria di acqua e tempi di impastamento.
b) variazione dell’impasto nelle fasi di fermentazione, formatura, lievitazione e cottura e conseguente -sviluppo finale (volume, forma e alveolatura).
Indicativamente, le farine usate nei lievitati hanno assorbimento (quantità di acqua minima per formare impasto asciutto) intorno al 55 – 63% e idratabilità (capacità di trattenere l’acqua di impasto) intorno al 70%.

Da quanto ci siamo detti è quindi fondamentale nella preparazione di un lievitato imparare a conoscere la consistenza di un impasto, regolarsi con l’inserimento dei liquidi e capire la corretta idratabilità della farina utilizzata che può variare in funzione di diversi parametri fra cui anche e soprattutto conservazione e stoccaggio.

Fra i vari dolci ho scelto di presentare la Pasta Danish, una pasta ricca in uovo e burro, con la quale vengono in generale realizzate girandole, fagottini, trecce,… etc, che ci permetterà di prendere confidenza con il capitolo dei lievitati sfogliati.

La loro sostanziale differenza, rispetto alla pate a croissant, è legata alla quantità di burro di laminazione (il 27% nella pasta danish vs 33% della pate a croissant) ed alla quantità di uova (assenti nella ricetta originale della pate a croissant e in minor quantità di quelle presenti nei cornetti).

Si ha così un prodotto rispetto alla pate a croissant più morbido, e con un sapore di burro meno marcato.

Partiamo da una  ricetta tradizionale, non troppo elaborata, e vediamo come affrontare con maggiore dettaglio i passaggi tecnici dove si verificano le maggiori difficoltà. Faremo poi una veloce analisi critica della ricetta per capire come viene formulata e per capire se è ben bilanciata per lo scopo.

Danish francese con lievito di birra.

Farina W300 p/l 0,5 1000 g
Latte fresco intero 350g
Uova 200 g
Lievito 40 g
Burro 85% mg 350 g
Zucchero 100 g
Sale 20 g
Vaniglia 4 g
Arancia grattugiata 5 g
Burro per sfogliatura 600 g
Per lucidare:

 

1 uovo, 10 g panna (o latte fresco intero in alternativa)

In questo caso vediamo un impasto diretto, ovvero dove si inserisce il lievito direttamente in macchina con gli altri ingredienti senza passare da biga, poolish o lievito madre. Ho fatto questa scelta per eliminare una difficoltà iniziale vista la difficoltà della laminazione per chi la affronterà le prime volte.

Inserire in planetaria zucchero, uova, latte farina e lievito lavorando sino a formazione della maglia glutinica. Nel frattempo rendere il burro cremoso e mescolarlo con il sale e l’arancia grattugiata. Inserire lentamente nell’impasto formato e lavorare fino a completo assorbimento.

Far lievitare l’impasto a tutta massa per 2 ore circa a 24° C e con umidita’ elevata (75-80%).

Mettere in frigorifero per 12 ore a 4° C.

Prendere il burro per sfogliatura, laminarlo (stenderlo) a circa 7 mm fra due pezzi di carta da forno e porre in frigorifero a riposare per cristallizzare nuovamente.

Stendere la pasta a rettangolo, posare il burro sui 2/3 della superficie ed effettuare una piega a 3, con la parte senza burro verso il centro e quella con il burro sopra essa.

Laminare facendo 3 giri di pieghe da 3 (altrimenti dette pieghe semplici) tenendo lo spessore della pasta a circa 1,5 cm e con un riposo fra ciascuna delle pieghe di 30 minuti in frigorifero.

Dopo la terza piega far riposare ancora 30 min in frigorifero e poi stendere la pasta a circa 3-4 mm di spessore, tagliare e dare la forma voluta.

Far lievitare per 2-3 ore a 24-26° C in presenza di umidita’ (per impedire che si faccia la crosta superficiale).

Farcire con crema, marmellata etc.; lucidare con la doratura di uova e latte con un pizzico di sale e cuocere per 18-20 minuti circa a 190-200° C.

Lucidare subito con gelatina di albicocche o sciroppo di zucchero non appena sfornate.

Vediamo ora qualche piega classica come si può fare…ho fatto un po’ di origami per essere il più comprensibile possibile e vi suggerisco di provarci prima di farlo con la pasta per acquisire la dovuta dimestichezza.

  1. Taglio semplice per metterci ananas sciroppato e crema pasticcera premete bene i lembi per far aderire la pastaA Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: La ViennoiseriesA Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: La Viennoiseries
  1. Taglio doppio per farcitura con crema pasticcera e albicocca sciroppata, o marmellata e frutti di bosco rinvenutiA Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: La Viennoiseries

Passate un lembo sotto l’altro e fate pressione per bene per farli aderire. Attenzione a non sovrapporre i tagli per non tagliare via la parte centrale, se non vi sentite sicuri con il coltello trinciante usate i primi tempi lo spelucchino per frutta.

  1. Taglio a girandola

A Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: La Viennoiseries

Piegare sulla linea di mezzeria arancione e portare l’angolo verso il centro e fare aderire bene.

A Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: La Viennoiseries

Farcire il centro con crema pasticcera e albicocca sciroppata oppure secondo la vostra fantasia

A Scuola con lo Chef Riccardo Scevaroli: La Viennoiseries

Voilà! Ecco il risultato finale!

Veniamo ora a qualche approfondimento di carattere pratico.

Da notare.

  1. Per laminare correttamente la pasta dovrebbe trovarsi a 6° C e il burro a 10-12°C con un salto di temperatura fra le due di circa 4° C. Un burro eccessivamente freddo invece di stratificarsi in maniera omogenea tende a rompersi all’interno dell’impasto.Questo accade anche se l’impasto è eccessivamente freddo. Attenzione anche allo spessore dell’impasto durante la laminazione perché: più la pasta viene tirata sottile e più il burro riscaldato dall’azione meccanica tende ad attaccare senza stratificare e nei casi peggiori rilasciare liquidi o fuoriuscite di grasso.
  2. Scegliere un burro di qualità dotato di ottima plasticità. Il burro oltre ad essere indispensabile per una corretta sfogliatura è un alimento dotato di una elevata digeribilità, a temperatura corporea è completamente fuso, lascia il palato pulito ed è un veicolo eccezionale di sapori oltre ad avere ottime caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Rispetto alle margarine richiede sicuramente qualche accorgimento in più per via del punto di fusione più basso ed economicamente è più caro ma consente di avere un prodotto di qualità finale impareggiabile
  3. Nella ricetta si usa il latte, anche se volendo possono essere usati altri liquidi. Il latte ha il vantaggio di avere un maggiore potere emulsionante rispetto all’acqua ed aiuta la colorazione dell’impasto grazie al lattosio contenuto. Pur migliorando elasticità e lavorabilità, rende l’impasto leggermente più pesante ad uno equivalente fatto con acqua ed avendo una capacità di idratazione minore, viene generalmente dosato il 10% in più dell’eventuale quantità di acqua.
  4. Le uova concorrono a idratare e legare correttamente l’impasto e concorrono allo sviluppo della pasta in cottura grazie all’evaporazione dell’umidità contenuta. Ad un maggior numero di tuorli corrisponde un impasto morbido più a lungo grazie alla lecitina contenuta.
  5. E’ possibile sostituire una parte di zucchero con miele o zucchero invertito per avere una maggiore morbidezza nei giorni successivi alla cottura, in tal caso il dosaggio indicato è dell’1-2% sul totale di impasto.
  6. La temperatura corretta di lievitazione per una alveolatura ottimale è di 24-26 gradi. A temperature prossime ai 28 gradi inizia la fusione del burro e non consente lo sviluppo ottimale dell’impasto in cottura.

Qualche dettaglio tecnico per l’analisi di una ricetta.

  • Un impasto incorda correttamente ed è lavorabile se è idratato almeno al 50%. Sapendo che le uova idratano all’85% del loro peso si ha che i liquidi disponibili sono 170 g forniti dalle uova e 350 g forniti dal latte per un totale di 520 g, quindi circa il 50% sulla farina.
  • Il burro di sfogliatura è circa il 23% sul totale del peso della ricetta ed è quindi nella media di un impasto di tipo danese.
  • Il sale è nella media dello 0,75% sul peso di impasto. In caso di clima caldo, se si vuole usare il sale come regolatore di lievitazione è possibile aggiungere fino a 5 gr per kg di farina anche se oggi si tende a non intervenire più su questo fattore ed ad utilizzare la tecnologia del freddo.
  • Quantità di lievito: strettamente legata alla quantità di grassi presenti nella ricetta. Un impasto generalmente contenente 200 g di burro su kg di farina lievita in 2,5 ore con 20 g di lievito. E’ stato quindi considerata con una proporzione una quantità di lievito sufficiente a ottenere la prima lievitazione in 2 ore.
  • Per chi non vuole attendere una maturazione notturna, far lievitare in frigorifero a 4° C per almeno 60 min e procedere alla formatura e cottura come sopra.

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