donna al pc

Violenza sulle donne, più sono emancipate e più denunciano: lavoro e indipendenza sono la chiave

25 Novembre 2021 - di Claudia Montanari

Lavoro e indipendenza economica sono due chiavi fondamentali nella lotta alla violenza contro le donne. Situazioni di disagio e dipendenza economica, nulla o bassa autonomia, livelli di scolarità bassi influenzano l’esposizione a rischio di violenze per le donne. Impedendo a queste di “uscire” fuori da situazioni pericolose. Al tempo stesso, i bassi livelli di scolarità non favoriscono l’esternazione e la denuncia di tali situazioni, concorrendo alla costituzione di un clima omertoso e di silenzio, che diviene esso stesso fattore ulteriore di insicurezza.

Violenza sulle donne e emancipazione, la ricerca

Il legame tra inclusione educativa, occupazionale ed economica e l’esposizione al rischio di una violenza che, prima ancora che fisica, è soprattutto di carattere psicologico ed economico, rappresenta un elemento indiscusso. Che tuttavia le statistiche riescono a cogliere solo parzialmente.

Emerge dalla ricerca realizzata da Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre.

L’ “effetto sommerso”, derivante dalla bassa consapevolezza delle donne rispetto alla gravità dei comportamenti attuati nei loro confronti, ma soprattutto la bassa propensione alla denuncia, rischia infatti di rendere a livello statistico una fotografia molto alterata della realtà. Ma fornisce indicazioni comunque utili.

Le donne più istruite denunciano di più

Se si osservano i dati sulle violenze – fisiche e sessuali – a danno delle donne (Istat, 2016) emerge infatti una maggiore incidenza del fenomeno tra le donne più istruite. Fattore ricollegabile alla maggiore propensione alla denuncia, tra quelle che lavorano in posizioni professionali più elevate e, all’opposto, che sono in cerca di occupazione.

I dati

Nel corso della propria vita, infatti, ha subìto una violenza fisica o sessuale, il 42,5% delle donne con titolo di studio secondario, il 35,3% superiore, il 26,7% di quante hanno al massimo la scuola media. Specularmente, ai vertici della piramide professionale, si riscontrano i maggiori livelli di rischio. Tra le dirigenti, imprenditrici e professioniste sono circa il 40,3% a dichiarare di essere incorse in un episodio di violenza nel corso della vita. Percentuale che decresce con riferimento ai livelli operai.

Ma tra quante sono in cerca di occupazione, presumibilmente in una situazione di dipendenza economica da cui vogliono uscire, il dato aumenta al 37,2%, collocandosi al di sopra della media. Anche considerando gli episodi intercorsi nell’ultimo anno, si registrano le stesse tendenze.

Segnala una violenza fisica o sessuale il 5,6% delle donne con titolo terziario contro il 4,2% di quelle con titolo secondario di primo grado. Il 7% delle imprenditrici e professioniste e il 5,8% tra le donne in cerca di occupazione. Percentuali sempre superiori alla media (4,5%). A questi gruppi si aggiungono le studentesse – giovani donne, presumibilmente più propense a denunciare – dove la quota di quante segnalano episodi di violenza nei loro confronti sale al 10,9%.

Tali dati possono essere soggetti a diverse chiavi di lettura.

La maggiore emancipazione professionale, da un lato rende le donne più consapevoli dei comportamenti maschili (maggiore capacità di individuare la violenza come tale). Dall’altro lato, le proietta su una dimensione – e stile di vita – più dinamici in cui i livelli di esposizione al “rischio” aumentano (frequenza di viaggi da sola, rientri notturni a casa, molestie in contesti lavorativi).

Pesa, poi, la maggiore propensione a denunciare rispetto a chi possiede titoli di studio più bassi.

Si coglie pertanto come, sia nel caso di molestie sul lavoro, che di vere e proprie violenze, siano proprio le donne più emancipate quelle che risultano statisticamente più esposte ai rischi. Al tempo stesso però i dati dell’Istat sottolineano la maggiore frequenza proprio tra le donne senza un’occupazione. Evidenziando (nella presumibile sottostima del fenomeno) le criticità e i maggiori rischi che derivano da situazioni di disagio economico ed occupazionale, in cui la donna rischia di essere in molti casi dipendente economicamente dal proprio persecutore.

Leggi anche: Donne e ricerca scientifica, in Italia progressi verso la parità di genere ma la strada è lunga.

Violenza sulle donne, alcuni numeri

Sono 6 milioni e 788 mila le donne tra i 16 ed i 70 anni che sono state vittime di fenomeni di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, secondo gli ultimi dati Istat. E’ il dato rilanciato dalla Fondazione studi che analizza come “nell’azione di contrasto a questo fenomeno, la condizione lavorativa e l’indipendenza economica sono importanti nella misura in cui consentono alla donna di sfuggire a condizioni di subalternità psichica rispetto al partner o altri familiari. Garantendole una maggiore realizzazione sotto il profilo personale e sociale e maggiori tutele e sicurezze”.

Dal report della Fondazione emerge che tra le donne inoccupate ma in cerca di lavoro il 5,8% sia stato vittima di violenza nell’ultimo anno (contro una media generale del 4,5%). Un dato, sottolinea, che potrebbe essere peraltro fortemente sottodimensionato, considerato che proprio in corrispondenza di situazioni di disagio educativo ed economico si riscontra minore propensione alla denuncia degli episodi di violenza.

“In quest’ottica la parità di genere intesa soprattutto come parità di accesso al lavoro, a posizioni professionali coerenti con i livelli formativi posseduti, a condizioni contrattuali adeguate, a pari livelli retributivi non è solo un diritto fondamentale, ma la condizione necessaria per contrastare i fenomeni di violenza”. Lo ha dichiarato la presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, Marina Calderone.

“Oltre alla legge sulla parità salariale di genere e alle nuove risorse varate dal Governo per le vittime di abusi domestici, è importante che il Parlamento approvi il Ddl contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Così come richiesto all’Italia dall’Oil, per supportare i datori di lavoro nell’adozione di misure adeguate a prevenire e contrastare atti di violenza e molestie, tutelando la riservatezza dei soggetti coinvolti e impedendo atti ritorsivi o discriminatori nei confronti di chi denuncia”, ha concluso.

Tags