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Riforma Fornero sulle pensioni in vigore dal 1 gennaio: ecco cosa cambia

ROMA – È entrata in vigore, dal 1 Gennaio 2013, la riforma Fornero sulle pensioni.

Molte sono le regole che cambiano: in pensione si va più tardi, gli uomini a 66 anni e 3 mesi e le donne a 62 anni e 3 mesi. Abolite poi le pensioni di anzianità: si potrà andare in pensione soltanto dopo aver maturato i requisiti di età e almeno 20 anni di contributi versati. Le pensioni saranno versate con il sistema contributivo puro.

A partire dal 1 gennaio, dunque, i lavoratori dipendenti possono lasciare il lavoro solo con le regole previste dalla riforma. Questo comporta un cambio di regole rispetto all’anno scorso. Fino alla fine del 2012 infatti sono usciti dal lavoro ancora i dipendenti che hanno maturato i requisiti a fine 2011 (e poi hanno dovuto attendere i 12 mesi previsti dalla finestra mobile). Gli unici che continueranno ad andare ancora fino a giugno con le vecchie regole saranno gli autonomi che hanno dovuto attendere 18 mesi per la finestra mobile.

Per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, a decorrere da gennaio 2013 di fatto potranno andare in pensione i cittadini con almeno 62 anni e tre mesi se donne (63 anni e 9 mesi se lavoratrici autonome) e con 66 anni e tre mesi se uomini. Si potrà andare in pensione anticipata rispetto alla vecchiaia solo se si sono maturati almeno 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi se donne. Per le donne si tratta di un aumento significativo dell’età che aumenterà ancora gradualmente fino al 2018 (quando sarà equiparata a quella degli uomini).

Dal 2013 bisognerà attendere, per andare in pensione, per le dipendenti i 62 anni e tre mesi e per le autonome 63 anni e 9 mesi. Dal 2014 ci vorranno 63 anni e 9 mesi per le dipendenti e 64 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome.

Per evitare il salto repentino previsto per gli anni successivi è previsto che le dipendenti che abbiano compiuto 60 anni entro il 2012 possano andare in pensione a 64 anni e 7 mesi (quindi nel 2016 senza rischiare l’ulteriore scalino a 65 anni e tre mesi). Questo eviterà che le donne della seconda parte del 1952 rischino di rincorrere la pensione fino al 2018 con cinque anni di lavoro in più rispetto alle colleghe del 1951.

Per quanto riguarda gli uomini, invece, è la pensione anticipata (che sostituisce la pensione di anzianità) che “pesa di più”. L’abolizione delle quote e l’incremento di un anno per gli anni di contributi necessari per l’uscita (oltre l’aspettativa di vita) terrà ancora a lavoro una piccola parte di lavoratori che pensavano di essere quasi arrivati alla pensione. Se infatti per la pensione di vecchiaia basteranno nel 2013 66 anni e 3 mesi (a fronte dei 66 anni con cui si è usciti fino a fine 2012) per la pensione anticipata ci vorranno 42 anni e 5 mesi di contributi (41 anni e 5 mesi per le donne).

In sostanza, chi è nato dopo il 1946 dovrà, per potersi ritirare dal lavoro, aver cominciato a lavorare almeno nel 1972 (se si è cominciato nel 1971 è stato possibile uscire nel 2012 grazie a 40 anni di contributi più uno di finestra mobile).

Anche per gli uomini dipendenti è prevista una eccezione con la possibilità di andare in pensione a 64 anni se si sono maturati entro il 2012 60 anni di età e 35 di contributi (quindi per i lavoratori del 1952 sarà possibile andare in pensione nel 2016 a 64 anni e 7 mesi pur avendone di contributi solo 39).

Claudia Montanari

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