“A riaccendere la discussione, ieri, l’ultimo tentativo di togliersi la vita compiuto da una bambina di 12 anni a Firenze. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, la ragazzina si sarebbe gettata nel vuoto da una finestra del terzo piano del palazzo in cui viveva in zona Campo di Marte perché rimproverata da uno dei genitori per i compiti di scuola non fatti. Non doveva farcela proprio più, la pressione doveva essere diventata troppa. Come uscirne? Ecco quindi entrare nei pensieri di chi non dovrebbe nemmeno conoscere la morte l’idea di farla finita. Per fuggire a qualcosa. Forse da se stessi. La dodicenne si sarebbe così chiusa nella sua stanza e, approfittando della distrazione della madre scesa a portare la spazzatura, si sarebbe lasciata cadere nel vuoto. Ad accorgersi del tragico tentativo di suicidio, proprio la donna che sentito un tonfo poco distante da lei si è ritrovata sotto gli occhi la figlia sdraiata a terra sull’erba del palazzo“.
“«Dodici anni, per esempio, è proprio l’età pre puberale nelle femmine» spiega la psicologa riferendosi al caso di Firenze e sottolineando come «proprio 12 anni sia l’età in cui per la prima volta si ha la percezione di vivere una vera e propria scissione dalla propria infanzia». Un fatto, per molti bambini, difficile da accettare e che può portare a considerare la morte come l’unica via d’uscita. Vera Slepoj spiega anche come «spesso il desiderio di morte è collegabile a una visione troppo esigente di se stessi e della propria vita» e come «il suicidio venga considerata la scappatoia per eccellenza per chi, proprio per questi motivi, sceglie di demonizzare gli insuccessi invece di sfruttarli come insegnamenti». Per dare un ordine di grandezza al dramma del suicidio giovanile, si stima che ogni anno si verifichino fra i 600 e gli 800 decessi negli adolescenti e giovani adulti di età inferiore ai 25 anni. Di questi, poi, molti – forse troppi – riguardano bambini tra i 9 e i 12 anni coinvolti nel cambiamento e nel primo passaggio tra l’infanzia all’età «adulta»”.
“«Questo fenomeno si spiega specialmente col fatto che viviamo in una società di immagine e di comunicazione. I bambini più grandi (a partire dai 9 anni) desiderano molto rapidamente entrare nel mondo dell’adolescenza, di cui adottano i codici e i comportamenti. Le differenze di età tendono oggi a confondersi». Pare proprio che l’età dell’innocenza, quella del giocare con le bambole, rincorrersi e lasciarsi coccolare dai genitori sia sempre più un modello di vita utopistico, lontano dalla realtà di bambini che già a 10 anni hanno una consapevolezza spaventosa di concetti come la morte e il sesso. Ma un bambino così piccolo può davvero essere in grado di capire e avere coscienza delle sue azioni? Per Pommereau sì: «Oggi i giovani sono superinformati sul sesso e sulla morte, due soggetti universali che riguardano tutti noi. Hanno accesso a numerose informazioni fin dalla più giovane età. Le cose che la nostra generazione avrebbe scoperto nell’adolescenza, loro le conoscono già prima dei 10 anni. Oggi, i bambini più grandi possono essere considerati come degli adolescenti. Peccato che, in nessun caso, l’età psicologica corrisponda a quella della loro apparenza»”.
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