NAPOLI – La realtà virtuale per aiutare i malati di cancro a superare lo stress della chemioterapia: un metodo innovativo messo a punto all’Istituto Pascale di Napoli, come racconta Maria Pirro sul Mattino.
I ricercatori partenopei hanno infatti sperimentato l’efficacia sui malati di tumore degli occhiali tridimensionali per vivere una sorta di “second life”, una seconda vita lontana dall’ospedale, dai macchinari e dai camici.
La second life in cui i malati vengono “catapultati” si svolge in un’isola deserta e paradisiaca, con palme e ombrelloni sul mare, come spiega Maria Pirro sul Mattino:
“Per rendere possibile il «viaggio in una stanza» sono stati usati gli occhiali 3D. «Simili a quelli da sole, ma un po’ più spessi e con le cuffiette incorporate» dice il ricercatore che ha seguito tutte le fasi del programma, Andrea Chirico, psicologo di 28 anni, di cui 10 trascorsi come volontario proprio al Pascale. «In questo modo – aggiunge – il paziente viene immerso in un mondo virtuale e riesce a estraniarsi dalla situazione reale: pur restando vigile, è più rilassato».
Non solo: sbarcato sull’isola, può scegliere tra differenti possibilità di interazione, tramite un joystick o indossando un paio di guanti interattivi. L’avatar è personalizzato come in precedenti modelli di applicazione ideati anni fa da Antonio Giordano, fondatore e direttore dello Sbarro Institute di Filadelfia che ha promosso l’indagine.
Per verificare l’efficacia del dispositivo, confrontandolo con altri progetti, le 50 pazienti hanno ricevuto trattamenti anti-stress differenziati: la realtà virtuale, nel corso di una seduta di chemioterapia, e la musicoterapia, in un’altra seduta di chemio. «Per cercare di rendere il campione omogeneo, sono state selezionate solo donne con tumore al seno» chiarisce Chirico. «L’obiettivo dello studio è quello di validare gli interventi di realtà virtuale per ridurre lo stress». E per farlo sono stati previsti strumenti differenti: questionari psicologici, monitoraggio dei feedback fisiologici e neurologici, dal controllo insomma del battito cardiaco alle misurazioni dell’elettroencefalogramma.
(…) Naturalmente, è la doverosa avvertenza, «tutte le applicazioni non sostituiranno mai i il medico e lo psicologo nel loro contributo umano, necessario affinché questi strumenti hi-tech siano davvero efficaci» conclude Giordano.
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