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Tumore tiroide: scoperta molecola contro forme resistenti

MILANO – Tumore alla tiroide: scoperta una molecola che può controllare il carcinoma tiroideo differenziato e refrattario allo iodio radioattivo.

Il cancro alla tiroide colpisce soprattutto persone in età lavorativa, fra i 40 e i 50 anni, con una predilezione per le donne: nel 2016 in Italia sono stimati 15.300 nuovi casi di tumore della tiroide (11.000 donne e 4.300 uomini), in costante aumento.

Le guarigioni sono elevate, superiori al 90%. Ma per una forma particolare, il carcinoma tiroideo differenziato e refrattario allo iodio radioattivo, finora non erano disponibili nuovi farmaci attivi. Oggi una molecola innovativa, lenvatinib, può rappresentare una svolta nel trattamento di questi pazienti perché presenta un efficace controllo di malattia.

L’incremento annuo (2002-2016) di questa neoplasia fra le donne è stato del 3,8%, fra gli uomini dell’1,4%. “Nelle donne under 50 è il secondo tumore più frequente dopo quello del seno e si colloca al quarto posto fra tutte le neoplasie femminili, dopo mammella, colon-retto e polmone”, ha spiegato Andrea Lenzi, presidente SIE (Società Italiana di Endocrinologia).

Fra i fattori di rischio principali c’è il gozzo, caratterizzato da numerosi noduli della tiroide dovuti a carenza di iodio, condizione che interessa 6 milioni di italiani, il 10% della popolazione. Una possibile spiegazione dell’aumento di questa neoplasia è offerta dall’accuratezza e diffusione dei moderni mezzi diagnostici, ecografia e risonanza magnetica da un lato, analisi di biologia molecolare e indagini citologiche dall’altro: queste tecniche consentono di individuare il tumore in fase molto precoce. L’aumento del numero dei casi può essere ricondotto anche all’impatto dei fattori ambientali che possono provocare mutazioni genetiche.

Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM, spiega che

“la chirurgia è il trattamento principale. In generale, è necessaria l‘asportazione di tutta la tiroide anche se in casi selezionati l’intervento può interessare un solo lobo della ghiandola. Negli ultimi anni le nuove conoscenze scientifiche stanno spingendo verso una chirurgia meno invasiva e personalizzata sul singolo paziente. Dopo l’asportazione della tiroide, il paziente deve assumere quotidianamente l’ormone sintetico che sostituisce la funzione mancante. Per il carcinoma differenziato della tiroide in stadio avanzato, refrattario al trattamento radiometabolico con iodio radioattivo, finora non avevamo in Italia farmaci efficaci con questa indicazione registrativa. La disponibilità per la prima volta di un farmaco attivo costituisce un vero punto di svolta”.

Mari

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