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Scelte importanti? Mai farle a fine giornata: ecco perché

Prenotare una spa subito o metter da parte i soldi per un viaggio? Che riguardino vacanze, lavoro o investimenti, le scelte importanti non andrebbero mai prese a fine giornata. A suggerirlo una ricerca pubblicata su Pnas, che ha individuato la zona del cervello che, se troppo affaticata, influenza negativamente anche la nostra forza di volontà e quindi la capacità di scegliere con saggezza. Saper controllare il proprio istinto è spesso fonte di successo nella vita e nel lavoro, ma spesso non è facile resistere alle tentazioni, soprattutto se siamo stanchi.

Ricercatori dell’Institut national de la santé et de la recherche médicale di Parigi, guidati da Bastien Blain, hanno chiesto a un piccolo gruppo di volontari di trascorrere sei ore a svolgere compiti di memoria difficili, mentre periodicamente veniva loro chiesto se preferissero una piccola somma di denaro subito o una maggiore al termine della prova. Man mano che si andava avanti nel corso della giornata, diventava più probabile che la scelta fosse d’impulso e quindi orientata su una ricompensa immediata. Ma questo cambiamento non si verificava nei volontari che svolgevano compiti di memoria più facili, come lettura o gioco. Attraverso risonanza magnetica funzionale si è inoltre notato che coloro che erano stati impegnati in un lavoro difficile mostravano una diminuzione dell’attività nella parte laterale della corteccia prefrontale (lateral prefrontal cortex o LPFC), un’area coinvolta nel processo decisionale. “Mettere a dura prova questa zona quindi potrebbe ostacolare la capacità di resistere alle tentazioni”, concludono i ricercatori.

Un’altro studio ha dimostrato come nel cervello è sempre attivo un ‘archivista della memoria’: è il meccanismo che permette di gestire e ordinare i ricordi in modo da richiamarli e immagazzinarli ogni volta che è necessario. La ricerca che lo ha individuato, pubblicata sulla rivista Neuron, promette di far luce sulle cause, a livello cellulare, di gravi forme di demenza, come l’Alzheimer. La ricerca è stata condotta fra Stati Uniti e Germania, con il coordinamento di Università di Bonn e Centro tedesco per lo studio delle malattie neurodegenerative (Dzne), in collaborazione con le università californiane di Palo Alto e Los Angeles. I ricercatori hanno studiato la struttura del cervello chiamata ippocampo, in cui è localizzata la centralina della memoria. E’ qui che nuovi ricordi arrivano e vengono immagazzinati e altri devono essere recuperati, in un traffico di informazioni paragonabile a quello di una metropoli nell’ora di punta. A

Silvia_Di_Pasquale

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