Gravidanza, i bimbi nati da parto pretermine più a rischio di deficit da attenzione
I bimbi che nascono con qualche settimana di anticipo per un parto pretermine sono più a rischio di sviluppare disturbi da deficit di attenzione e iperattività (Adhd). Lo evidenzia uno studio della Rutgers University, pubblicato sul Journal of Pediatrics. La ricerca ha analizzato i dati riguardanti circa 1.400 bambini nati negli Stati Uniti tra il 1998 e il 2000 e in un follow up a 9 anni li ha incrociati con gli elementi emersi dalle interviste con le madri e gli insegnati, ai quali stato chiesto di valutare i propri studenti utilizzando una scala di valutazione che include sintomi di iperattività, Adhd, comportamento oppositivo e problemi cognitivi o disattenzione.
L’analisi ha fatto emergere che i bambini nati a 37-38 settimane avevano punteggi significativamente più alti nelle scale di valutazione degli insegnanti per iperattività, Adhd e problemi cognitivi o disattenzione rispetto ai bambini a 39-41 settimane. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che a ogni settimana di età gestazionale a termine in più corrispondeva una riduzione del 5-6% dei punteggi di iperattività, Adhd e problemi cognitivi. La nascita a 37-38 settimane era associata a punteggi di iperattività più alti del 23% e a punteggi Adhd più alti del 17% rispetto alla nascita tra 39 e 41 settimane.
“I risultati si aggiungono alle prove già esistenti che raccomandano di ritardare i parti elettivi almeno fino a 39 settimane di gestazione e suggeriscono che screening regolari per i sintomi dell’Adhd sono importanti per i bambini nati tra la 37 e la 38 settimana”, ha affermato Nancy E. Reichman, tra gli autori dello studio.
Ogni anno nel mondo più di un bambino su 10 nasce prima del tempo, pari a circa 15 milioni di prematuri. Un fenomeno in crescita globale da 20 anni, che varia tra 184 paesi del mondo tra il 5 e 18%. Le complicazioni di un parto prima della 37/ma settimana di gestazione sono la principale causa di morte sotto i 5 anni di età. Eppure nei 3/4 dei casi queste morti, che si stima siano arrivate a un milione nel 2015, potrebbero essere evitate con interventi già disponibili, efficaci e poco costosi. Lo ha rilevato l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sul suo sito. ANSA.
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