Anoressia e bulimia, 3000 decessi tra giovani nel 2016: anche social colpevoli
L’anoressia è scritta nel microbiota intestinale, il complesso di microrganismi che si trovano nell’organo: le pazienti anoressiche infatti si differenziano per la composizione del loro microbiota. Lo rivela uno studio su Nature Microbiology condotto presso l’Università di Copenaghen.
Dal lavoro è anche emerso che trapiantando il microbiota intestinale di pazienti anoressiche in topi, questi acquisiscono alcuni dei tratti tipici dell’anoressia.
È dunque possibile che squilibri o modifiche nella composizione di batteri e virus intestinali possono influenzare direttamente lo sviluppo dell’anoressia nervosa. L’anoressia nervosa non riguarda semplicemente il desiderio di essere magri: è un disturbo mentale complesso che modifica il modo in cui il cervello regola l’appetito e la percezione del proprio corpo. Le persone con anoressia nervosa riducono radicalmente l’apporto calorico.
Lo studio ha coinvolto 77 ragazze e giovani donne danesi affette da anoressia nervosa e 70 coetanee sane. Gli autori hanno scoperto che le pazienti anoressiche avevano un microbiota intestinale con una maggiore capacità di influenzare l’umore e concentrazioni più elevate di molecole che inducono sazietà rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, i pazienti con anoressia presentavano una composizione intestinale alterata e un’interazione disturbata tra virus e batteri intestinali.
Quando campioni fecali delle pazienti sono stati trapiantati in topi privi di microbiota intestinale, gli autori hanno scoperto che il microbiota intestinale riduceva l’aumento di peso degli animali e alterava l’espressione dei geni coinvolti nel controllo dell’appetito e del dispendio energetico. Gli autori concludono che il microbiota intestinale può contribuire in parte allo sviluppo dell’anoressia nervosa.
I Dca affliggono oltre 55 milioni di persone nel mondo e oltre 3 milioni in Italia, pari a circa il 5% della popolazione: l’8-10% delle ragazze e lo 0,5-1% dei ragazzi soffrono di anoressia o bulimia. L’incidenza recentemente è aumentata del 30% per effetto della pandemia e il picco è soprattutto tra i giovanissimi, colpiti fino a quattro volte di più rispetto al periodo pre-Covid, a causa dell’isolamento, della permanenza forzata a casa, della chiusura delle scuole e dell’annullamento delle iniziative di coinvolgimento sociale. Inoltre, il 90% di chi soffre di tali disturbi è di sesso femminile rispetto al 10% di maschi; il 59% dei casi ha tra i 13 e 25 anni di età, il 6% ha meno di 12 anni.
Rispetto alle diagnosi più frequenti, l’anoressia nervosa è rappresentata nel 42,3% dei casi, la bulimia nervosa nel 18,2% e il disturbo di binge eating nel 14,6%.
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