ROMA – Tre quarti dei teenager europei tengono i genitori all’oscuro delle loro attività online. È l’allarme lanciato da uno studio europeo e confermato dallo psichiatra Federico Tonioni del Policlinico Gemelli di Roma. Questo porta ad un sempre maggiore “abisso” di comunicazione tra genitori e adolescenti. Una distanza che si allarga a causa di Internet, di cui i teenager ne sono i maggiori fruitori e a causa del fatto che gli adulti fanno sempre più fatica ad usare il “linguaggio interattivo” delle nuove generazioni.
Tonioli ha dichiarato: “È normale che gli adolescenti abbiano bisogno di mantenere una certa ‘distanza’ dagli adulti, serve loro per crescere, ed è altrettanto normale che i genitori si preoccupino. Il problema però è che ora tale distanza sta diventando un abisso o, meglio, un “cyber-abisso”. Per la ”prima volta infatti gli adolescenti si trovano ad essere più competenti dei propri genitori rispetto ad un aspetto cruciale della vita sociale, quale è Internet, che rappresenta il futuro della comunicazione”.
Si è dunque arrivati ad un gap generazionale “mai visto prima, e questo perché gli adolescenti di oggi non hanno mai conosciuto un ‘prima’ del pc e hanno dunque acquisito un concetto di spazio e tempo diverso da quello dei genitori”.
Una ‘cyber-incomunicabilità’, afferma l’esperto, ”che cerchiamo di colmare, nel nostro ambulatorio, con terapie di gruppo mirate proprio ai genitori”.
Un altro aspetto riscontrato dalla ricerca è stato l’allarmante aumento delle dipendenze da Internet tra i più giovani: ”In tre anni – racconta lo psichiatra – abbiamo trattato circa 500 pazienti, dei quali l’80% è rappresentato da ragazzi dai 12 ai 22 anni”.
A spopolare tra i teen-ager sono soprattutto forme di gioco in Rete molto interattive, dalle quali “è più difficile ‘staccarsi’, tanto che – avverte Tonioni – la maggior parte dei ragazzi trattati finiva per non andare più a scuola”. Ragazzi ‘malati’ di Internet, dunque, e diventati per questo incapaci di emozioni dal vivo”.
Cosa fare in questi casi? L’esperto afferma che “il primo passo è agire con terapie di gruppo e colloqui con genitori e figli. L’obiettivo è arrivare ad una ‘riabilitazione’ delle emozioni nei giovani, se si vuole evitare una pericolosa tendenza all’isolamento”.
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