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Smart Working come alleato e non nemico: le regole per lavorare bene

La proroga allo smart working c’è. Anzi, ce ne sono due. Una riguarda il prolungamento fino al 31 agosto dello smart working semplificato per il settore privato. Vale a dire che è concesso a chi lavora in un’azienda di farlo da casa anche in assenza di accordi aziendali, quindi in modalità di comunicazione semplificata. L’altra proroga riguarda lo smart working fino al 30 giugno per i lavoratori fragili ma anche per i genitori di figli con fragilità.

Una misura che ci dimostra come questa modalità faccia sempre di più parte delle nostre vite e ci mette quindi davanti l’urgenza di capire in che modo lo smart working possa diventare una formula collaudata. Capace di portare benefici all’interno delle organizzazioni e ai lavoratori, anche nel post-emergenza.

Le insidie dello Smart Working

Secondo i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel periodo di completa remotizzazione, il 28% ha sofferto di tecnostress e il 17% di over working. A dimostrazione del fatto che non si può parlare di smart working senza aver definito un modello organizzativo e delle policy adeguate che lo rendano attuabile e positivo per tutte le parti interessate.

“La vita in ufficio serve a creare cultura, allineamento e coaching diffuso, ma occorre considerare il fatto che il poter lavorare da remoto garantisce flessibilità e work-life balance. Trovare un equilibrio si può: la chiave del successo è definire progetti di smart working disegnati sulle esigenze delle persone, con focus sul raggiungimento degli obiettivi e bilanciamento tra le diverse necessità personali e aziendali” – spiega Alfonso Fuggetta, CEO e direttore scientifico di Cefriel.

Cefriel, centro di innovazione digitale fondato dal Politecnico di Milano, che ha iniziato a sperimentare la modalità del lavoro agile già a partire dal 2014, consolidando l’esperienza nel 2017 con un gruppo di smart worker, ha pubblicato il white paper “Lavorare bene. Lo smart working come alleato”, a cura di Roberta Letorio.

Spazi, tempi, relazioni e leadership: le regole del lavoro agile

Ma quali sono, quindi, le regole che emergono dallo studio Cefriel e che possono orientare il nuovo, imminente, corso dello smart working?

In primo luogo sarà necessario ripensare gli spazi, prevedendo luoghi per interazioni e luoghi di isolamento. Una possibile evoluzione degli spazi in questo senso vedrà la costruzione di isole progettuali, in cui le persone non hanno una scrivania assegnata, ma si riuniscono intorno a un team di progetto.

Allo stesso tempo sarà necessario regolare i tempi di lavoro evitando che lo smart working diventi lavoro da remoto senza vincoli di orario. Indicazioni preziose da questo punto di vista sono: evitare le riunioni tra le 13 e le 14.30; evitare di chiedere il coinvolgimento dei colleghi, salvo imprevisti, al di fuori dell’orario lavorativo e nel weekend; nel caso si predispongano delle mail in questi range temporali ritardarne l’invio.

Lavoro agile non significa lavoro solitario, per questo una delle priorità individuate da Cefriel riguarda proprio il valore delle relazioni negli ambienti lavorativi che vanno mantenute anche da remoto.

Infine questa nuova modalità richiede un ripensamento sui modelli di leadership, lo smart working ha bisogno di una leadership generativa, empatica, attenta allo sviluppo e al benessere delle persone. Un modello ispirato a uno stile “contingente” e flessibile, che tenga conto delle differenze fra collaboratori “inesperti” e “maturi” e fra “Junior” e “Senior” e in cui è il leader ad adattare le sue azioni in base al livello di maturità di chi lo segue.

Claudia Montanari

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