Quote rose nei Cda aziendali: approvata la legge europea, era ferma dal 2012
Intesa tra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue sulla nuova direttiva ‘women on boards’ sull’equilibrio di genere. Il testo stabilisce infatti delle quote rosa nei Cda aziendali europei. In breve, è stata stabilita una quota del 40% delle quote rosa tra gli amministratori non esecutivi. E del 33% tra tutti gli amministratori. Ma vediamo nel dettaglio questa novità.
La direttiva mira a introdurre procedure di assunzione trasparenti nelle aziende dell’Ue e in modo che almeno il 40% dei posti di ai vertici esecutivo siano occupati da donne. Un’azione che rientra nella strategia dell’UE per l’uguaglianza di genere 2020-2025, che ha tra gli obiettivi quelli di un’Unione in cui tutti i cittadini abbiano pari opportunità.
La Commissione europea ha presentato per la prima volta la sua proposta nel 2012 e il Parlamento europeo ha adottato la sua posizione negoziale nel 2013.
Il fascicolo è stato poi bloccato in Consiglio per quasi un decennio, fino a quando i ministri del lavoro e degli affari sociali hanno concordato una posizione lo scorso marzo. Ad oggi, solo il 30,6% dei membri del consiglio di amministrazione delle più grandi società quotate in borsa dell’Ue sono donne. Con differenze significative tra gli Stati membri che vanno dal 45,3% in Francia al 8,5% a Cipro.
Certo, solo una legge non basta ed è necessario un cambio di atteggiamento sociale e culturale. Tuttavia, questa nuova legge il cui fulcro è l’aumento delle quote rosa nei Cda aziendali può essere un inizio per far sì che le aziende diventino più eque nella rappresentanza di genere. Dopotutto, i dati indicano che oggi in Europa circa il 60% dei laureati sono donne. Eppure, le donne sono solo un terzo dei membri dei consigli di amministrazione non esecutivi. E sono ancora meno nelle posizioni apicali.
Secondo la legge, le procedure di nomina dei consigli di amministrazione dovranno essere chiare e trasparenti e la selezione dovrà rispettare alcune regole. Per esempio, a parità di qualifiche tra due candidati, la preferenza dovrà andare al candidato donna. Inoltre, se si richiede di conoscere i criteri adottati in fase di selezione si deve poter avere accesso a queste informazioni. Se una azienda non riesce a raggiungere l’obiettivo dell’equa rappresentanza dei sessi, avrà obbligo di riferire le motivazioni, e spiegare le misure adottate per ovviare alla situazione.
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