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Parrucchieri, sale la rabbia: il 15% non riuscirà più ad aprire

Dopo le nuove disposizioni sulla fase 2 per l’emergenza coronavirus, sale la rabbia dei parrucchieri che vedono slittare l’apertura dei loro saloni al 1 giugno.

Su 105 mila imprese, almeno il 15% non riuscirà ad aprire più i battenti, dichiarano all’ANSA.

Gli acconciatori sono furiosi, non vogliono accettare la decisione. Erano pronti a ripartire con le attività già il 4 maggio seguendo le norme e i protocolli di sicurezza, molte delle quali erano già la regola nei loro negozi.

A Padova alcuni acconciatori si sono incatenati avanti al loro negozio, come riporta il quotidiano locale Padova Oggi. Ma in tutta la penisola sale la rabbia.

La rabbia dei parrucchieri

“Il governo dimostra di non conoscere la categoria. Siamo attrezzati da almeno 20 anni per garantire l’igiene dei nostri saloni alle clienti e al personale. Questo perché maneggiamo sostanze chimiche e forbici, pettini e spazzole, tutto è rigorosamente disinfettato e protetto”. A spiegarlo, amareggiato, è Elia Piatto, titolare di un salone di oltre 100 mq al centro di Torino.

“Abbiamo atteso senza perdere l’entusiasmo. Abbiamo acquistato mascherine chirurgiche per il personale e le clienti, occhiali protettivi, guanti per tutti, camici usa e getta e perfino tutte lavabili ermetiche per i collaboratori affinché la loro protezione fosse totale.

Siamo pronti con la disinfezione del salone, abbiamo distanziato postazioni e lavaggi e riorganizzato turni e appuntamenti, ora lo slittamento è per noi una brutta sorpresa.

Eravamo tutti preparati, non c’è nessuna leggerezza da parte nostra nel fare questo appello, il virus va isolato e noi siamo pienamente d’accordo.

Prima abbiamo esaurito le ferie per non intaccare lo stipendio dei nostri dipendenti che ora hanno iniziato la cassa integrazione.

Questa è una vera doccia fredda, non ce lo aspettavamo. Io devo riaprire. I miei dipendenti amano il loro lavoro e hanno anche mutui da pagare, io mi sento responsabile per loro”.

L’importanza del settore in Italia

Lino Fabbian, un salone a Padova e presidente Camera italiana acconciatura, spiega:

“Stiamo ghettizzando la categoria che invece potrebbe ripartire già dal 4 maggio, in modo scaglionato nella penisola in base alla diversa diffusione del Covid. I negozi sono già stati aperti nel nord Europa, come in Svizzera ed in Germania.

I parrucchieri sono almeno 105.000 in Italia ma stimo che il 15% non riuscirà ad aspettare giugno per riprendere a lavorare. La prima reazione è la rabbia, sono stato sommerso di telefonate dei colleghi che rappresento.

Eravamo pronti a riaprire con negozi sanificati costantemente, personale e procedure in sicurezza.

In molti mi dicono di voler manifestare in piazza ma in questo periodo non è possibile farlo. La richiesta da parte dei clienti è altissima e aumenta il lavoro abusivo“.

I parrucchieri si sentono pronti a riaprire

Fa notare Francesco Cirignotta, proprietario di un salone/boutique barberia da uomo al centro di Milano, dove lavora da solo:

“Il nostro lavoro è un servizio di decoro ed igiene, ma svolge anche un importante ruolo nell’affermazione dell’identità e dell’immagine delle persone.

Il 95% del settore è già nelle condizioni di operare bene, secondo le nuove norme di sicurezza anti contagio.

Personalmente ero già pronto lavorando solo su appuntamento. Avevo aggiunto mascherine, igienizzanti, copri scarpe, scanner per la temperatura, sanificatori per l’aria.

L’ultimo annuncio di Conte ci ha spiazzati, avrebbe potuto avvisarci prima. Io ora so di poter fare, non so più quando lo potrò fare”.

Claudia Montanari

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