ROMA – Dopo il Messico dei killer del narcotraffico, Gianfranco Rosi ha deciso di esplorare un angolo del suo paese, girando e perdendosi con un mini-van sul Grande Raccordo Anulare di Roma, alla ricerca di realtà invisibili e di nuovi possibili futuri nascosti dietro l’incessante rumore di questo luogo. Ne è venuto fuori un affresco incantato, potente e inaspettato, che è valso al regista il Leone d’Oro all’ultimo Festival di Venezia.
Un nobile piemontese decaduto, un pescatore d’anguille, un esperto botanico che combatte per la sopravvivenza delle palme sono solo alcune delle umanità che Rosi investiga e scopre partendo da un luogo solo apparentemente anonimo e privo di vita.
A differenza di ciò che spesso accade nei documentari, in cui è il luogo ad esser protagonista, in ” Sacro GRA” sono i personaggi a definire lo spazio e l’ambiente, restituendo all’occhio e alla sensibilità dello spettatore uno scenario eterogeneo, in cui sembra esserci spazio per tutto, dal dramma alla commedia, dall’intimismo alla caricatura. Grazie anche al sapiente montaggio di Jacopo Quadri, ” Sacro GRA” sembra dare nuova vita al genere documentaristico, che in questo caso diventa cinema di altissima qualità.
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