ROMA – Quando nel 1975 uscì nelle sale “Lo squalo”, terzo film dell’allora giovanissimo Steven Spielberg, in pochi credevano in un successo così ampio e duraturo; fin dai primi giorni invece risultò evidente come l’eccezionale mix di paura e avventura funzionasse egregiamente, inaugurando anche un nuovo genere cinematografico, estremamente prolifico ancora oggi. Tratto da un romanzo di Peter Benchley, “Lo squalo” è ambientato ad Amity, una cittadina balneare del New England, nella quale si sparge il terrore per gli attacchi di un pescecane assassino; un poliziotto, un oceanografo e un cacciatore di squali decidono di dargli la caccia, ma è la grossa bestia che trova loro… Malgrado gli effetti speciali dell’epoca siano imparagonabili a quelli dei giorni nostri, la suspance e il terrore sono garantiti, quasi a provare che la grande forza del film è più nella sua idea che nella sua sostanza. I meriti di questa pellicola, diventata ormai un cult, sono molteplici e vanno ricercati anche nelle perfette interpretazioni dei tre protagonisti( Richard Dreyfuss, Roy Scheider e Robert Shaw),in grado di dare vita a caratteri profondamente diversi e molto ben tratteggiati psicologicamente. Vincitore di tre premi Oscar, “Lo squalo” è un film imperdibile, da vedere e rivedere, non solo per la sua grande capacità di intrattenere, ma soprattutto per l’estrema ricercatezza attraverso la quale è in grado di parlare alle nostre più oscure paure.
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