Kika un corpo in prestito

“Kika, un corpo in prestito”: il film di Pedro Almodovar da rivedere

22 Marzo 2013 - di Claudia Montanari

ROMA – A Madrid muore in circostanze misteriose la moglie dello scrittore Nicolas (Peter Coyote); il figliastro Ramon ne è sconvolto e di lì a poco viene colto da un attacco cardiaco che lo fa apparire morto. Nicolas fa intervenire la truccatrice Kika (Veronica Foquè, vincitrice del premio Goya come miglior attrice protagonista nel 1994) per prepararlo alle esequie; ne nascerà un rapporto a tre, mentre la giornalista Andrea( Victoria Abril) è sempre alla ricerca di uno scoop per il suo programma “Il peggio del giorno”… Almodovar, già cineasta apprezzato e amato da critica e pubblico, sembra non voler risparmiare nulla della propria poetica in questo film, che finisce per assomigliare ad una fantasmagorica e allusiva sintesi dei temi da lui già trattati nelle precedenti opere. Ma in “Kika” sembra esserci anche un vero e proprio addio a quel mondo colorato e squisitamente grottesco che infatti di lì a poco sarà sostituito da tematiche esistenziali più profonde, anche se non meno controverse( “Tutto su mia madre”); ciò che ne viene fuori allora è una pellicola visivamente forte, così tanto ricca di spunti, provocazioni e idee da sembrare folle. Uscito in Italia con quasi un anno di ritardo rispetto al resto d’Europa a causa di contese giudiziarie, “Kika – un corpo in prestito-” è un film da rivedere per rintracciare i germi della nuova poetica almodovariana e per godere, ancora una volta, della geniale fantasia di questo regista libero e sicuramente un po’ “loco”.