ROMA – Il terzo tempo, che dà il titolo all’opera prima di Enrico Maria Artale, è nel rugby quello che si svolge al termine della partita: un incontro fra squadre avversarie e tifosi in cui, in un clima conviviale, si festeggia indipendentemente da chi ha vinto o perso.
È proprio dunque partendo da questo spirito di fratellanza e di rispetto che nasce e si sviluppa “Il terzo tempo”, pellicola che usa il rugby come metafora della vita per raccontare il difficile percorso di un ragazzo complicato e bisognoso d’aiuto.
A dare il volto al giovane Samuel c’è Lorenzo Richelmy, che interpreta un adolescente problematico in semilibertà che lavora in un’azienda agricola nella provincia romana. L’incontro con Vincenzo (Stefano Cassetti), un assistente sociale che allena la locale squadra di rugby, gli permetterà di conoscere un nuovo modo di vivere e di affrontare i problemi.
Sebbene l’intreccio del film non sia particolarmente innovativo, “Il terzo tempo” si presenta come un film ben costruito, ricco di momenti emozionanti e in grado di far conoscere al grande pubblico qualcosa in più sul rugby, sport ormai sempre più seguito anche in Italia.
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