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Carlo Verdone: “Un medico mi disse che sarei stato sempre un ansioso un po’ represso”

MILANO- Ritrovarlo al cinema, diciamolo, è sempre un piacere. E il 2 Marzo sarà nelle sale italiane con “Posti in piedi e in paradiso” a deliziare ancora una volta le nostre serate di relax di (quasi) primavera.

“Quando uscii dal centro sperimentale, nel 1974, con il diploma di regia in mano, ero convinto che prima o poi qualcosa nel cinema l’avrei fatta. Avevo ancora nelle orecchie le parole di Roberto Rossellini che dopo aver visionato alcune mie pellicole sperimentali, pronosticava, con una certa imprudenza, un mio percorso alla Antonioni”. Con queste parole Carlo Verdone si racconta in una lunga intervista al settimanale Sette, nella quale evidenzia anche il suo desiderio di coniugare temi seri ad un’intelligente ironia “Scrivere commedie che nascono da temi tutt’altro che comici è diventata la sfida più delicata in questa fase matura della mia carriera. Nei miei intenti l’orientamento del racconto cinematografico verso un aspetto tragico o tragicomico della realtà  è sempre stato l’unico motivo di interesse per continuare a realizzare commedie”.

Ironicamente, poi, parla di se stesso quando era ragazzo: “C’era una sensibilità che mi apparteneva: lo sguardo ironico verso il prossimo. L’ossessione per il dettaglio, i tic e le debolezze, involontariamente comiche, delle persone comuni. Ma all’epoca mi sentivo troppo timido e assolutamente inadeguato ad affrontare la recitazione in modo serio, ero troppo emotivo ed ansioso. Una volta mia madre decise di chiamare il nostro medico di famiglia, il più grande diagnostico che abbia mai conosciuto, perchè soffrivo di insonnia acuta. Lui mi visitò e poi si mise a fissarmi scuotendo la testa: “C’ho una malattia neurologica?” gli chiesi, spaventato da quello sguardo. Lui, infilandosi il cappotto, disse con tono lapidario: “Sei e sarai sempre un ansioso leggermente depresso. Ringrazia Dio”. Replicai sbalordito: “Perchè devo ringraziare Dio?…” E lui esplose con un tono autoritario e anche un po’ scoglionato: “Perchè saresti stato ‘na testa di cazzo qualsiasi!”.

Verdone, agganciandosi al discorso, coglie l’occasione per presentare il suo ultimo film, “Posti in piedi in Paradiso”. La pellicola parla di famiglie separate e figli in balia dei capricci dei genitori: un argomento senza dubbio attuale, che il regista 61enne definisce “una vera e propria emergenza sociale che crea una nuova categoria di poveri”.

Nel film Marco Giallini, Pierfrancesco Favino e Carlo Verdone sono rispettivamente un agente immobiliare, un critico cinematografico e un ex discografico di successo, tutti alle prese con problemi in famiglia. I tre protagonisti condividono un appartamento, nel quale emergono le differenze tra loro: “Pensammo subito che la condivisione di una casa potesse essere la base per far scattare le loro diversità, le loro particolari abitudini, e, di conseguenza, la parte comica del film”. Poi c’è Micaela Ramazzotti, la figura femminile che fa sì che le vicende non pendano troppo dalla parte maschile.

Il messaggio di speranza del film arriva dai figli: “Non c’è solo il tema della sopravvivenza di tre uomini, ci sono anche i loro figli – ha concluso Verdone -. Rappresentandoli più maturi dei loro padri, più forti e più determinati nelle decisioni, il racconto sottolinea il fallimento di una vecchia generazione e la voglia di non ripercorrere gli errori dei loro genitori”.

Fonte: TMNews

Claudia Montanari

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