MILANO – L’attore italiano Pierfrancesco Favino parla a Sette, in edicola da venerdì 22 marzo, di politica e di cinema italiano. A differenza di tanti suoi colleghi Pierfrancesco Favino non vota Beppe Grillo perché: “Credo che la politica sia una professione”, dice, e tra i politici “straordinari” che ricorda menziona: “Berlinguer, Moro. Ero piccolo ma li ricordo. Ho rispetto di queste persone. Anche di Napolitano” e riferendosi a questi ultimi li definisce in contrapposizione al leader del M5s, “politica alta”. Parlando dei mali del cinema italiano Favino invece sostiene: “Negli ultimi venti anni si è consolidata l’idea che il cinema sia inutile e che al massimo sia un passatempo”.
Ai tempi di Tognazzi e Mastroianni invece era un rito collettivo che elevava l’individuo” e rilancia: “È ora di mettere in discussione la parola autore. Circola una strana idea di intelligenza, per cui si è autori se si è poco comprensibili ma rendere comprensibile la propria complessità è una dote”. Ai politici contesta: “Durante l’ultima campagna elettorale la parola cultura non l’ha pronunciata nessuno. Sento la necessità di convocare gli ‘stati generali’ del cinema, ma fa sempre ‘strano’ che un attore pensi a queste cose”, e si scaglia “contro l’atteggiamento di chi fa passare attori e registi per parassiti, come hanno fatto per anni Brunetta, Tremonti, e Bondi per giustificare i tagli al cinema”. (Foto Lapresse).
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