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Ortega, fondatore di Zara: l’uomo più ricco d’Europa che nessuno conosce

ROMA – Cosa vi viene in mente se dico “Zara”? Credo tutto, anche al meno esperto di moda. E ancora, cosa viene in mente se dico Amancio Ortega? Ai più, probabilmente nulla. E invece, le due parole sono ben legate visto che Ortega è niente meno che il creatore di Zara, nonché l’uomo più ricco d’Europa nonché il terzo più ricco del mondo, con il suo patrimonio stimato a 39 miliardi 696 milioni di euro.

E nessuna fashion victim deve preoccuparsi se non conosce il fondatore di una delle catene low cost più famose al mondo, da cui spesso si servono anche Celebrities e Regine, la Duchessa Kate Middleton in primis. Perché, diciamo, se un imprenditore italiano come Flavio Briatore è sempre sotto gli occhi di tutti e dei media in maniera inversamente proporzionale lo è stato l’imprenditore spagnolo, letteralmente allergico ai giornali e alle interviste. Si legge su La Repubblica: “Mai concessa un’intervista in vita sua. Fino al 1998 nessuno era riuscito a scattargli una foto. E le tv spagnole si divertivano a piazzarsi nei centri commerciali, chiedendo: se dico Amancio Ortega lei a chi pensa? “Mai sentito” rispondeva il popolo dello shopping  –  le mani invase da sacchetti Zara” e ancora “Ormai il patron è più noto. L’hanno definito il Prometeo della moda, cioè colui che ne avrebbe carpito i segreti agli dei  –  gli stilisti francesi, italiani, statunitensi  –  per rivenderli agli umani, a prezzi umani”.

Ma, la cosa che probabilmente non ci si aspetta di più è che la scalata ai milioni se l’è fatta tutto da solo partendo da zero, insomma, come scrive “il Venerdì di Repubblica”, da Zero a Zara. Figlio di un ferroviere, nato nel 1936 nella provincia di León e cresciuto in Galizia, Ortega inizia la sua carriera nel settore tessile come commesso in alcuni negozi.

Nel 1975 crea la sua prima azienda ad A Coruna insieme alla moglie (da cui poi si è divorziato) Rosalìa Mera: il suo primo negozio con il nome Zara, e fu immediatamente un enorme successo, tanto che nel 1985 le attività dell’imprenditore vengono messe sotto il gruppo Inditex (che ha tra i suoi marchi, oltre a Zara, anche Massimo Dutti e Bershka). Nel 1988 un negozio aperto a Oporto è il primo di un’enorme serie di punti vendita che nasceranno fuori dal confine spagnolo. Ortega, che nel gennaio 2011 ha lasciato la presidenza di Inditex  di cui comunque mantiene il pacchetto di controllo, ha operato investimenti anche nel settore immobiliare, nel settore finanziario e nelle concessionarie per la vendita di automobili. E’ leggendaria la riservatezza dell’imprenditore spagnolo che ha sempre voluto rimanere lontano dai riflettori.

Il segreto del suo successo, come spiega anche Giorgio Brunetti, è quello di essere riuscito ad inventare un “modello circolare” con al centro il cliente ed i suoi bisogni, spesso mutevoli.

Ovviamente, un assortimento che viene rinnovato di continuo in linea con una società mutevole e frenetica come quella di oggi e l’ottimo rapporto qualità prezzo sono la chiave vincente del marchio. Il tutto, condito con con una quasi maniacale attenzione nello scegliere sempre le persone giuste, nell’istruirle e nel delegare loro le responsabilità.

Una vera “fabbrica dei prodigi”, insomma, ma si legge su “il venerdì di Repubblica”: “che prodigi non sono. Ma altissima strategia bottegaia. Benché il gruppo abbia avviato una vera rivoluzione copernicana: “In larga misura, la moda è ancora un processo dall’alto in basso” e ancora “I creatori decidono cosa si deve portare quest’inverno. Il prodotto è fabbricato e dolcemente imposto al consumatore. “Ecco, Zara opera esattamente al contrario. Studia, guarda cosa chiede la gente. Poi disegna, produce e mette in vendita. A prezzi abbastanza accessibili”. Benefattori da Nobel? “Macché. Zara non è un modo di vestire quanto di vendere”.

Insomma, un mondo quasi surreale ma che tanto surreale non è, e noi ci chiediamo, intanto, se sia vera la leggenda secondo cui, pare, che quando il meteo pronostica pioggia, Zara ha già messo un giorno prima gli ombrelli in vetrina.

Claudia Montanari

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